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Elogio dell’imperfezione

Cosa c’è di più piacevole che passeggiare conversando spensieratamente con gli amici fra le deliziose stradine e le incantevoli piazze di un bel centro storico in una fresco tramonto di mezza estate? Certamente il poterlo fare con un bel bicchiere di vino in mano, magari con la possibilità di sorseggiarne di diverse tipologie e aziende, discutendone il carattere, la personalità, l’espressività, l’anima con amici appassionati e produttori competenti.
Detto fatto! 10 agosto, Calici di Stelle, Sondrio, e quindi Nebbiolo Valtellina. Diciamocelo chiaramente: fra i meno piacevoli (sparando nel mucchio) fra i vini italiani, se piacevolezza viene intesa come immediatezza, facilità, ovvietà,  concentrazione, fruttuosità. Se poi alcuni dei rappresentanti, siano essi Rossi di Valtellina, Valtellina Superiori o Sfursat, si offrono con più o meno marcati sentori di vernice, di tintura, di cera, di brodo o persino di stalla, note indubbiamente da biasimare in quanto dovute principalmente a imperizia tecnica, un amore profano per questi prodotti diventa difficile.
Ma se si riesce a superare la frenesia del “tutto e subito”, se invece di limitarsi a sentire ci si ferma ad ascoltare, se alla superficie si preferisce la profondità o, meglio ancora, l’altezza, se più che la barzelletta amiamo il racconto, ecco che molti di questi vini qualcosa di emozionante da regalare ce l’hanno. Colore crepuscolare, profumi sottili e aerei di erbe aromatiche, anice, spezie, carne, frutta secca o macerata, un corpo nervoso, tagliente, fresco, minerale, che abbraccia non avvolgendoti ma (a)stringendoti, un carattere apparentemente scontroso e indecifrabile ma che poi si apre leggero, agile, mutevole, trasfigurato, molteplice. Ottimo esempio, questo, del vino mai scontato, mai banale, al limite imperfetto (per i canoni qualitativi odierni).
Ma quando è così, viva l’imperfezione!

3 commenti

  1. Lizzy

    Più che dell’imperfezione – un vino come lo descrivi tu, tanto imperfetto non mi pare! – io farei l’elogio della…pazienza. Del saper aspettare i tempi del vino, intendendo con questo quelli della sua capacità espressiva.
    Che non sono i nostri.

    Lizzy

  2. Alberto Ugolini

    Involontariamente con “Elogio dell’imperfezione” ho nominato il titolo di un libro scritto da Rita Levi Montalcini in cui la famosa biologa italiana considera l’imperfezione come la molla per lo sviluppo e la selezione dell’uomo, augurandosi di essere contenti di essere perfetti perchè si può ancora migliorare…
    cara lizzy, mi trovi d’accordo sul fatto che il vino da me descritto non era poi così imperfetto, ma questo solo perchè a me e a te (e fortunatamente a molti altri) piacciono vini che per la mentalità del mercato (non tutto, per fortuna) non sono immediatamente piacevoli e ancor di più, come hai detto giustamente, vini che desiderano essere aspettati…E di aspettare abbiamo sempre meno voglia. Ma chi sa aspettare, gode: Amarone Le Ragose ’93 docet!

  3. Lizzy

    Caro Alberto, tranquillo, il rimando “colto” al libro della Montalcini – che conosco anche se non ho letto – l’avevo capito subito…
    Cmq, per chi non sa aspettare, un… rimedietto ci sarebbe. L’Ovarius, un fantastico decanter che ha il pregio di “aprire” i vini. Subito. Quando sono vini poco immediati, come quelli che citi, o certi biodinamici francesi che ho assaggiato, il risultato è spettacolare.
    Il problema è che, se il vino ha qualche …difettuccio di fabbricazione, l’Ovarius rivela all’istante anche quello. Senza pietà.
    Per saperne di più, http://www.aristide.biz/2006/06/index.html.

    Lizzy

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