Ricerche di mercato, tendenze sensoriali, nuovi metodi e analisi di prodotti
 

Cosa comporterebbe ammettere che gli assaggiatori non sono infallibili?

Con oltre 500 test che hanno riguardato più di 3.500 prodotti e impiegato 5.000 assaggiatori abbiamo dimostrato, utilizzando tecniche statistiche ampiamente collaudate, che un valutatore sensoriale non è costante nell’esecuzione del compito. Ne consegue che ogni volta che opera è necessario valutare la sua efficacia per poter eventualemente escludere dal set di dati i valori che ha espresso e rielaborare con i giudici restanti.
Quest’anno è anche stato pubblicato un interessante lavoro di ricercatori australiani che hanno considerato i valori espressi in 15 anni da ben 571 giudici giungendo praticamente ad analoghe considerazioni.
Nonostante la notevole convergenza in materia di molti sensorialisti le norme Iso in materia continuano a non contemplare la valutazione del giudice una volta selezionato e addestrato, i concorsi enologici proseguono con regolamentazioni sempre più certosine senza che però vi sia un conrollo dei commissari e dell’attendibilità dei test, e persino la conformità dei vini a denominazione d’origine da parte delle commissioni camerali non contempla alcuna osservazione sui valutatori.
Ammettere la fallibilità dei giudici equivarrebbe a una rivoluzione copernicana, su questo siamo perfetamente d’accordo, ma significherebbe dare una nuova dignità all’analisi sensoriale, un maggiore prestigio ai concorsi e ai riconoscimenti pubblici centrati sulla sensorialità.

5 commenti

  1. “Ammettere la fallibilità dei giudici equivarrebbe a una rivoluzione copernicana, su questo siamo perfetamente d’accordo, ma significherebbe dare una nuova dignità all’analisi sensoriale, un maggiore prestigio ai concorsi e ai riconoscimenti pubblici centrati sulla sensorialità”.

    Il tutto a spese dell’autostima del giudice di turno…

    In un recente concorso, dove oltre a valutare i vini il sistema valutava anche le performance degli assaggiatori, sono risultata “bocciata”, fuori registro rispetto alla media.
    Poco male, ho pensato, una giornata storta può capitare, e può darsi davvero che non conoscessi abbastanza bene la tipologia di vini in concorso per poterli giudicare…

    In seguito ho saputo che i giudici “bocciati” la prendono sempre malissimo, soprattutto se sono dei wine critics. Il che mi sta portando a fare delle serie e poco lusinghiere riflessioni sulla categoria dei miei colleghi…

    😉

    Lizzy

    ps: bentornati on line. Era ora!

  2. Proprio da ciò che fu definita “una rivoluzione Copernicana, per non parlare delle teorie evoluzionistiche di Darwin o di quelle relativiste di Einstein (“tutto è relativo”) posso solo sperare che anche questa verità sulla fallibilità dei giudici possa presto emergere esattamente come le teorie emerse dagli assiomi della Meccanica Quantistica hanno rappresentato la più grande rivoluzione scientifica di tutti i tempi, riconsegnando all’umanità la credibilità e la fiducia che la scienza moderna aveva bisogno per ritrovare sè stessa.
    Anche nel campo dell’Analisi Sensoriale questo doveroso processo di sana autocritica, se venisse gestito in maniera seria, costruttiva e professionale, (e soprattutto prima che lo facciano altri ) non farebbe che paradossalmente rendere più credibile ed oggettiva la materia.
    Prendendo spunto da un assioma fondamentale della meccanica quantistica che recita: LO STATO OGGETTIVO DELLA MATERIA E’ CARATTERIZZATO DA UNA SOVRAPPOSIZIONE DI PIU’ STRATI”dobbiamo pensare che, nel contesto dell’assaggio compreso anche quello più professionale, tutto deve relazionarsi a regole ed a condizioni di referimento bel precise che fanno del giudizio un valore discriminante ma sempre RELATIVO.
    Quindi senza alcun timore reverenziale verso lo sterile approccio di stile deterministico, partendo dall’arguto spunto del Dott. Odello cercherei di far rientrare questa splendida materia nell’aurea delle materie “probabilistiche”cercando di affinare il metodo piuttosto che il metro di giudizio. Io credo che uno dei temi più importanti verterà sulla selezione degli assaggiatori e sui criteri di taratura che dovranno essere più professionali ed intransigenti per garantire un criterio di giudizio costruito su basi omogenee di riferimento.
    Un caro saluto, Giorgio Mercandelli.

  3. Luigi Odello

    Con l’idea di voler sempre verificare nei test sia l’attendibilità dei medesimi, sia l’affidabilità dei giudici ci siamo resi davvero antipatici e non di rado ne paghiamo le conseguenze. Però oggi siamo confortati da idee nuove che stanno emergendo fuori dal canale dell’analisi sensoriale professionale, come quelle di Lizzy e di Giorgio. E crediamo fermamente che le intelligenze che si avvicinano in modo critico e innovativo all’analisi sensoriale possano portare un grande sviluppo nella disciplina e ad ampliarne l’applicazione.
    In un recente convegno a Milano qualcuno si è domandato se le imprese comprendono il valore dell’analisi sensoriale. Noi, che da sempre ci occupiamo di mettere a punto metodi, abbiamo la percezione che la valutazione sensoriale avrà un grande futuro, ma di sicuro fa paura.

  4. alberto

    Vi è, a mio avviso, una doppia lettura del tema, una di tipo che definirei “macro” e una “micro”.
    A livello macro, vi è la difficoltà a livello di istituzioni e di organizzazioni, vedi ISO oppure OIV, come pure di strutture aziendali e di consulenza, a inserire l’argomento “monitoraggio giudice” come elemento qualificante l’analisi sensoriale, quasi fosse una ammissione della “non scientificità” di quest’ultima, rappresentando invece tale controllo un ulteriore elemento di scientificità del processo.
    A livello micro è l’approccio della singolo assaggiatore, in particolare dell’esperto o del wine-critic, che non riesce ad accettare la potenziale fallibilità del proprio giudizio, che poi fallibilità non è ma solo soggettività.
    In realtà vi è un elemento chiave da considerare a livello di sovrastruttura, ossia la sostanziale differenza fra giudizio eccellenza (qualitativo) e quello di profilo (quantitativo).
    Calibrare gli assaggiatori sul giudizio d’eccellenza sottende per certi versi una forzatura, laddove la qualità non si manifesta più per assenza di difetti (dove poteva essere più facile essere d’accordo) ma per la presenza di una serie di caratteri giudicabili in differenti modi, e tutti di per sé coerenti e validi: è da preferire l’eleganza potente o una potenza elegante, la finezza profonda o una profondità fine…? Una fra le possibili soluzioni sta nel disporre di una elevata numerosità di giudizi espressi da un panel eterogeneo (enologi / critici/ giornalisti/ sommelier/ consumatori attenti/ enotecari/buyer – nazionalità diverse) e nel considerare eccellente quello con la media (?) più alta e la deviazione standard più bassa. E qui la valutazione del singolo giudice dovrebbe basarsi non tanto sulla collimazione col gruppo, avendo accettato una certa soggettività del criterio di giudizio, quanto sulla coerenza con i propri personali giudizi (ripetibilità dei giudizi sui campioni replicati).
    Tutto questo a meno che … non si ricerchi un giudizio d’eccellenza “specifico” espresso da un panel coeso e allenato su specifici criteri qualitativi su cui muoversi (eleganza / potenza -modernità / tradizione ecc.) e qui si apre un discorso molto molto interessante sulla possibilità di individuare, concordare ed allenarsi su tali criteri qualitativi…
    Diverso il caso del giudizio di profilo dove, accordatasi su una certa scala di misura e calibratisi su dei campioni di riferimento, è possibile giungere a delle valutazioni più concordanti (anche se mai coincidenti, non siamo mica robot!) e qui la collimazione col panel diventa un criterio rilevante nella valutazione.
    Comunque, al di là di questi aspetti tecnici, il problema di base è sicuramente quello del sapersi mettere in gioco, con quel bel bagno di umiltà, che farebbe veramente bene a molte persone…
    Alberto

  5. Roberto Pisani

    Ammettere la fallibilità dei giudici non sarebbe altro che prendere atto di una “certezza” che in molti altri campi viene comunemente accettata e che rientra addirittura nelle regole fissate.
    Chi nei giorni scorsi ha seguito le Olimpiadi, ha sicuramente notato che il concetto di fallibilità è talmente accettato che di norma il giudizio più alto e quello più basso riferiti alla singola performance sportiva vengono eliminati, e senza per questo mettere in crisi il sistema di valutazione previsto per le varie discipline sportive.
    Nè viene assolutamente delegittimata l’autorevolezza e la competenza dei giudici di volta in volta fuori dalle valutazioni medie.
    (Salvo il caso di intere giurie condizionate da fattori extra…. ma questa è un’altra storia)
    Concordo pienamente con le affermazioni fatte dal commento di Lizzy, ma credo anche che occorra lavorare un pò di più sui giudici affinchè gli stessi considerino la loro prova alla stregua delle giurie sportive, e quindi non da “bocciare” ma come naturale conseguenza del fatto che, per quanto formati, addestrati ed esperti, di volta in volta possono tranquillamente esistere delle divergenze con i colleghi che DEVONO essere accettate come facenti parte naturale del gioco.
    Un caro saluto
    Roberto Pisani

I commenti sono chiusi.