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Perché i giapponesi sono così bravi ad assaggiare?

Se un giorno avrete a che fare con la formazione sensoriale di un gruppo di giapponesi vi accorgerete che giungono molto prima della media di altri gruppi a discriminare i campioni in base alle differenze sensoriali e alla collimazione sui valori espressi dal gruppo. In poche parole, giudizi discriminati e attendibili: giusto quello che si attende ogni panel leader.

A che cosa sono dovute queste performance superiori alla media? Dai primi elementi che emergono possiamo generare tre elementi di ipotesi: maggiore disciplina, maggiore attenzione interna, maggiore orientamento all’obiettivo.

Sì, i giapponesi sono disciplinati, credono in chi insegna e fanno esattamente quello che viene detto loro. Altre popolazioni di fronte a una richiesta si fanno mille domande: perché devo fare questo? Non c’è un modo migliore per farlo? Se provo a farlo così, cosa succede? Il giapponese no, per prima cosa prova a fare quello che gli si chiede e se non giunge al risultato ci riprova: non è suo abito mentale cercare responsabilità esterne ai suoi fallimenti.

E poi i giapponesi hanno una notevole capacità di rivolgere l’attenzione al loro interno. Cerchiamo di spiegarci: un italiano che deve valutare un parametro, si chiede per prima cosa qual è la risposta giusta, quindi l’attenzione è rivolta verso l’esterno, mentre un giapponese si chiede cosa sente e con quale intensità, portando quindi immediatamente la sua attenzione verso l’interno e riducendo di conseguenza il nefasto effetto distorsivo della razionalizzazione sulla risposta.

Ultima cosa, ma non di minore importanza, è il congenito orientamento all’obiettivo dei giapponesi, inteso anche in senso sociale. Il più ridotto individualismo di questa popolazione rispetto ad altre porta più facilmente alla formazione del gruppo nel senso intellettuale del termine.


Esempio di taratura con scheda Big Sensory Test Avanzato su un campione di Espresso Italiano di un gruppo di giudici giapponesi che non ha mai lavorato insieme: si noti la collimazione. Su alcuni parametri è davvero eccellente, su altri è sicuramente superiore alla media.


3 commenti

  1. Ciao Luigi,
    Molto interessante! Cosa dovremmo dedurne, che i migliori giudici di vino del mondo sono giapponesi? Così, giusto per saperlo… in vista di qualche competizione enologica internazionale, per esempio.
    🙂

    L.

  2. Luigi Odello

    Quando intendiamo l’analisi sensoriale come misurazione della percezione di parametri oggettivi (quindi rispondenti a una realtà fisica come acidità, amarezza ecc.) sicuramente la cultura orientale è vicente. Si potrebbe approfittarne e conoscerla un po’ meglio, non pensi?
    Per le competizioni il discorso è diverso, perché ai giudici viene chiesto un giudizio edonico. In pratica si stressa il concetto che a dare questa valutazione dovrebbe essere il consumatore considerando che un gruppo di esperti possa sostituirlo. Ma è davvero così? Oltretutto in genere non ci si chiede nemmeno quanto gli esperti sono concordi e quindi qual è l’attendibilità della valutazione. Solo recentemente l’Oiv ha introdotto l’eliminazjone dei punteggi che si scostano di molto dalla mediana. Ma è un criterio che si presta a molte critiche.

  3. Assolutamente sì. Come sai, a proposito degli score, nei concorsi come nelle recensioni dei vini, c’è un dibattito molto aperto e per ora irrisolto anche in rete.
    Dare ad un vino 80/100 e ad un altro 95/100 significa, per chi legge, che il secondo è più buono del primo. “Più buono” in senso oggettivo, quindi per tutti. In realtà, il riferimento è del tutto soggettivo, cioè relativo all’estensore del giudizio.
    Un equivoco su cui un certo Parker – e con lui una schiera di altri personaggi – hanno costruito la loro fortuna, e anche adesso che in realtà tutti sappiamo come stanno le cose, continuiamo ad attribuire importanza ai loro punteggi, come se fossero una sorta di imprimatur. Quanto alla decisione di eliminare i punteggi più discordanti, quello che abbiamo ottenuto è un livellamento dei giudizi dei vini: vengono penalizzati i prodotti peggiori, ma anche i migliori. E i vini che vincono sono …medi!

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