Ricerche di mercato, tendenze sensoriali, nuovi metodi e analisi di prodotti
 

A Oscar Farinetti non piace, ma l’analisi sensoriale sta diventando di moda

Oscar Farinetti in un’intervista non ha fatto mistero del fatto che a lui l’analisi sensoriale non piace. Ma non abbiamo capito quale non gli piaccia. Perché oggi quando si parla di analisi sensoriale occorre identificare l’accezione con cui viene intesa. Come sempre succede, quando nel mondo qualcosa diventa consunto per il troppo uso, chi desidera comunicare di essere innovativo molte volte lo chiama diversamente, ma in realtà fa esattamente quello che faceva prima. Così oggi abbiamo noti recensori di vini che dicono di fare analisi sensoriale operando come giudici monocratici e valutando i prodotti con tanto di etichetta, comunicatori che si proclamano esperti di analisi sensoriale perché trattano delle caratteristiche organolettiche di cibi e bevande, organizzazioni che chiamano “analisi sensoriale” semplici degustazioni.

Insomma: l’analisi sensoriale è di moda. Persino l’Unione Italiana Vini, dopo avere per anni ignorato la nostra disciplina, ha inventato un’accademia sensoriale e uno degli ultimi numeri del Corriere Vinicolo riporta in apertura: “L’analisi sensoriale nuova frontiera del marketing – Vittima nel settore vino di una diffusa superficialità, oggi questa disciplina sta scoprendo nuove applicazioni, soprattutto in Australia e Stati Uniti. Dove sempre più aziende incominciano a tarare il prodotto coinvolgendo il pubblico prima che esca sul mercato. A Porto invece la utilizzano per certificare i vini Dop. E in Italia?”

Se è tragico scoprire che la più grande organizzazione del settore ignora che da anni si sta utilizzando nel marketing anche in Italia e che il primo vino ad avere avuto una certificazione sensoriale non è il Porto ma l’italianissimo Valcalepio, questa conversione non può che farci piacere.

Ma quando si può parlare di analisi sensoriale e quando invece di assaggio e degustazione? Si parla di analisi sensoriale quando c’è un disegno sperimentale preciso tendente a rispondere a una domanda sulla percezione di un prodotto e una conseguente elaborazione dei dati capace di validare i risultati ottenuti. E’ vero, anche noi siamo peccatori, perché parliamo di analisi sensoriale anche quando usiamo le tecniche di questa disciplina a rovescio, per aprire la mente alla gente, per farla giocare, emozionare, appassionare a un prodotto o a un territorio, come per esempio succede con i Narratori del Gusto. Ci permettiamo di commettere questo piccolo errore di forma solo perché le tecniche che utilizziamo sono le stesse che impieghiamo nella descrizione e nella misurazione delle caratteristiche di un prodotto.

E, per tornare a Farinetti, una domanda ci viene spontanea: perché se non gli piace l’analisi sensoriale ha ricevuto nella sua Fontanafredda un gruppo di giornalisti riuniti per fare un corso per Narratori del gusto? Forse non gli piace l’analisi sensoriale che fanno gli altri, non la nostra. Se così è ne siamo felici.