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Li conoscete e sapete identificare i nuovi difetti dei vini?

Lo ammetto, sto rimpiangendo i tempi in cui i difetti dei vini erano decisi: lo spunto era spunto, quasi aceto; l’ossidato era ossidato, si poteva anche dire marsalato; il filante era raro, ma esisteva, e non si avevano difficoltà a riconoscerlo, perché il vino sembrava olio; l’amarore non lasciava dubbi, era come bere un caffè senza lo zucchero.

Oggi non è più così, non ci sono più le sane malattie di una volta. I difetti presenti fanno discutere, fanno i politici: sarà cavallo sudato di razza o sarà imbastardito con la muffa? È un eccesso di etanale o una nota evolutiva progettata dall’enologo come ha detto il dotto sommelier nell’ultima degustazione? È una malolattica sbagliata o una pregevole nota di burro indotta con un pizzico di acido citrico in fermentazione?

Quando giro tra i banchi dei commissari nei concorsi enologici mi capita più volte di essere interpellato da un presidente per chiedermi se una stramaledetta percezione negativa è tappo o un difetto derivato dal legno. Non è sempre facile rispondere. Non lo nego: a volte mi mettono un po’ a disagio. Ma ho trovato un paio di occasioni che mi hanno rincuorato.

La prima è stata una bellissima esperienza con un’ottantina di sommelier, proprio un corso sui difetti: un vino non molto caratterizzato – ma non neutro – veniva via via aggiunto di analiti produttori di difetti attribuibili a una fase della filiera, ogni partecipante descriveva il difetto e poi si spiegava a quale molecola era attribuibile e a cosa era dovuta. Bene: le percentuali di identificazione (pubblicate tra l’altro su una serie di numeri de L’Assaggio) sono state bassissime.  Ma durante una cena che concludeva alla grande una bella manifestazione enologica ho avuto una soddisfazione ben maggiore. Erano presenti Alain Bertrand (professore emerito all’Università di Bordeaux, un luminare nel campo della chimica del vino e delle acqueviti) e Roberto Zironi, professore, non ancora emerito, all’Università di Udine, uno degli enologi accademici italiani più famosi tanto in patria quanto all’estero. A entrambi, separatamente, feci sentire un vino che difettato era di certo, ma la cui malformazione non riuscivo e identificare. Mi diedero due risposte diverse, e io rimasi con la terza da me ipotizzata, ma ancor meno sicuro che fosse giusta.

Questo per dirvi che i nuovi difetti dei vini non sono cosa facile. Ma non è certo un buon motivo per demordere: occorre semplicemente studiare nel modo giusto, con tecniche adeguate. Noi crediamo molto nel corso dove le sostanze che danno l’anomalia vengono aggiunte al vino in quantità maggiorate, sono fatte percepire e poi spiegate. Voi cosa ne pensate?

5 commenti

  1. Quirico

    Sono completamente d’accordo con il professore e aggiungo che non si è mai sicuri, anche se molto allenati negli assaggi di vino, e servirebbe un corso per poter “tarare” l’assaggiatore o il giudice sensoriale, sono del parere che anche chi ha già la qualifica di giudice sensoriale debba fare degli ulteriori corsi per affinare meglio le proprie capacità, senza per questo fare l’ulteriore “salto di panel leader”, se sono sorti dei dubbi a professor Odello agli altri che certezza rimane?

  2. Noemi Icardi

    Sarebbe proprio interessante poter partecipare a un corso come quello da lei descritto… per studiare, approfondendo con la tecnica adeguata il mondo dei “difetti” dei vini. Non esiti a tenermi informata sull’argomento, grazie!

  3. Pingback: Comission dela Trappa

  4. Carla

    Scopro oggi questo blog e con piacere leggo questo post molto stimolante. In effetti trovo molto interessante l’approccio proposto dal professore, anche se un qualche rischio c’è: il fatto di sapere che si sta per valutare un vino con un difetto può condizionare l’assaggiatore e portarlo a riconoscere o meglio a classificare come difetto anche quello che tale non é. Per cui suggerirei ogni tanto di inserire di nuovo nella sequenza di assaggio il vino senza difetti, giusto per sparigliare le carte in tavola… Comunque piacerebbe molto anche a me partecipare ad un corso del genere.

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