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Tatto, gusto e olfatto: un solo canale informativo?

shutterstock_63878701_optLa questione di distinguere tra percezione tattile, gustativa e olfattiva è annosa e di difficile soluzione. Spiegare a un gruppo di persone che si stanno avviando alla carriera di giudice sensoriale o, peggio, a un consumatore, che il sapore di banana non esiste perché in realtà, pur rivelandosi in bocca, le molecole responsabili non interagiscono con le papille gustative, ma con l’epitelio olfattivo, è cosa ardua.
Di certo non aiuta la divulgazione della degustazione operata dai cuochi nella loro corsa mediatica o degli operatori della comunicazione che scrivono sulle riviste dedicate alla gastronomia e alle bevande. Persino nel liguaggio comune si usa parlare di gusto per qualsiasi percezione trovi la sua origine nel cavo orale. Ai più la distinzione che fanno i sensorialisti delle differenti percezioni sulla base del canale informativo paiono sottigliezze degli addetti ai lavori, ma non è così: attuibuire correttamente un’etichetta semantica è alla base della crescita di assaggiatori togati e di consumatori attenti. In effetti però i tre organi di senso hanno molto più in comune tra loro che non con i due canali mediati, la vista e l’udito.
Dato che il nostro sistema sensoriale tende a lasciare meno zone d’ombra possibili, forse può essere utile la teoria di considerare il gusto una specializzazione del tatto e l’olfatto una specializzazione del gusto. In effetti non poche molecole sono in grado di interessare più di un organo di senso. Per esempio gli acidi fenolici che danno sia l’amaro, sia l’astringente, l’acetato di etile che interviene sia nella modifica del fruttato sia della pungenza, gli alcoli superiori che offrono parimenti una tonalità amara e nuance alcoliche.
Insomma, per noi umani classificare è fondamantale per apprendere, ma la natura segue quasi sempre la linea della continuità.