
Oltre ai suddetti vini arcaici piacentini di 73 e 57 anni, il panel ha valutato la longevità di uno Chablis del 1964 (Chardonnay della Bourgogne), di due Brunello di Montalcino del 1994 e del 1996 e di un Vin Santo doc Colli piacentini del 2007. Primariamente l’attenzione si è soffermata sui vini stravecchi piacentini, presumibilmente a base di Malvasia e di Barbera-Bonarda, dove le bottiglie erano diseguali, fatte a mano, tipo borgognona e di colore scuro. I vini sono apparsi di colore imbrunito, fortemente ossidato e dall’aroma poco definibile ma nonostante ciò alcuni erano ancora bevibili pur mancando di freschezza sensoriale.
Indubbiamente la conservabilità nel tempo dei vini è correlata al terroir d’origine, alla composizione, all’annata, alla qualità del tappo e alle caratteristiche della cantina. Ma l’attitudine più importante è di origine culturale, che si eredita dalla tradizione, che insegna ad attendere la maturazione in fase riducente, ovvero in assenza di ossigeno, in bottiglia. La commissione di degustazione ha riconosciuto una discreta potenzialità all’invecchiamento dei vini piacentini, specialmente se rossi, che possono raggiungere fino a 10 anni se conservati correttamente.