Vi sveliamo il segreto, ma una volta tanto facciamo una deroga al nostro pensiero mescolando verità conclamate con opinioni personali. A voi distinguere le une dalle altre. In primo luogo scegliete come la volete: farcita? Fate un po’ voi, ma sappiate che la saggezza porta verso l’autentico, il puro. Più c’è roba dentro e meno riuscirete a percepire la qualità delle materie prime e la maestria di esecuzione.
Se volete potete anche guardare se vi piace la confezione, ma questa difficilmente potrà dirvi se poi la colomba sarà buona. L’etichetta può già dirvi di più: è fatta solo con lievito madre o ci sono anche altri lievitanti? Contiene mono e digliceridi? Dichiara semplicemente aromi? Se alla prima domanda l’etichetta vi dà la possibilità di rispondere “sì” siete sulla buona strada, ma diffidate se non dichiara il 100% di lievito madre. Alla seconda: mono e digliceridi non fanno male, ma servono solo (forse) a farla durare di più. E gli aromi sono fondamentali: solo quelli naturali, meglio che sia dichiarata la fonte, per esempio bacche di vaniglia del Madagascar. Se c’è scritto “aromi” senza specificazione potreste trovarci tutto il consentito in materia di aromatizzazione.
Ora apritela, è una cosa che non vi è permessa in negozio, quindi quando potete farlo è già tardi, ma vi servirà per il prossimo acquisto. Non abbiamo mai capito perché i negozianti non si danno una sveglia e non la fanno assaggiare, ma è così. Comunque osservatela: ha una pasta bella gialla? Ecco, è un carattere che potete tralasciare, dipende esclusivamente dal colore del tuorlo delle uova, quindi dalla razza di galline e soprattutto da come sono state alimentate o, peggio, dall’aggiunta di coloranti. Guardate invece l’alveolatura, non concentratevi su eventuali bolle grandi, ma sull’insieme di bollicine che danno quell’incredibile senso di sofficità. Se sono tantissime e di diametro discreto potrete già presumere che la lievitazione e la cottura siano state condotte a regola d’arte e attendervi sofficità e scioglievolezza in bocca, fragranza all’olfatto.
Fermi: non addentatela ancora. Tenete la fetta sotto il naso e cercate di percepire il floreale, il fruttato, la pasticceria, la frutta secca ed essiccata, fino ad arrivare a quella leggera speziatura che ci viene offerta dalla reazione di Maillard quando la cottura è fatta bene. Ora potete mangiarla e ancora ricercare, più potenti di prima, le note aromatiche avvertite al naso insieme all’equilibrio gustativo e tattile. Ah, per favore, non accompagnatela con uno spumante secco.