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Effetto alone: ne siamo vittime tutti

Senza accorgercene, quando decretiamo la qualità sensoriale di un prodotto, anche con un semplice mi piace/non mi piace, facciamo riferimento ai prodotti simili di cui siamo venuti a conoscenza attraverso l’assaggio. In mancanza di questo all’esperienza sensoriale più prossima.
In pratica è l’effetto distorsivo che ha il campione esaminato in precedenza sul successivo. È insito nella nostra mente in quanto  ognuno di noi valuta comparativamente.
È particolarmente tragico quando si tratta di giudici sensoriali: provate solo a pensare che succede in un concorso se arriva un vino cattivo e poi uno medio: immediatamente quest’ultimo verrà sopravvalutato.
La correzione a livello di giudice è decisamente ardua, per non dire impossibile. Per evitare che l’effetto alone si traduca in un errore per l’intero test, il panel leader genera un piano di assaggio per cui i giudici hanno i campioni in una sequenza diversa uno dall’altro. In questo modo si riduce la collimazione tra gli assaggiatori, ma si aumenta la robustezza dei test.
Nei casi in cui si debba ricorrere a piani lineari è il panel leader che, disponendo la sequenza degli assaggi, tende a ridurlo. Il risultato è osservabile anche statisticamente quando – ed è doveroso che compaia sempre – nel set di assaggio un campione è replicato: la differenza dell’intensità dei diversi descrittori tra il campione e la sua replica, venendo i due a trovarsi valutati dopo campioni differenti, indica con chiarezza l’incidenza di questo errore.