Ricerche di mercato, tendenze sensoriali, nuovi metodi e analisi di prodotti
 

Difendiamo le guide enologiche

Leggetelo perché è bello. E l’articolo di Roger Sesto dal titolo "Perché mai le guide enologiche dovrebbero essere oggettive?" che ci dà modo di approfondire un argomento tanto dibattutto su tutti i mezzi, televisione non esclusa. Noi ne siamo coinvolti, non solamente perché tirati in ballo dall’articolo di Roger. Da anni ormai esce infatti puntualmente su L’Assaggio della primavera, a firma di Alberto Ugolini, un servzio di valutazione del lavoro delle guide che all’autore costa molta fatica, della quale non di rado si lamenta. Perché? Perché è una lavoro certosino di analisi in cui va persino a contare quanti vini Luca Maroni ha assaggiato ogni giorno. E’ vero, ogni tanto il nostro autore si lascia andare a un briciolo di ironia, ma chi potrebbe esserne avulso quando si scopre che un critico assaggia più di 500 vini in un giorno e assegna premi che preterndono la precisione al centesimo?
Ora, lungi da noi vietare la critica, sia mai, per filosofia di vita che vieta di vietare, ma anche per la convinzione che comunque le guide sono importanti proprio perché generano interesse e discussione intono al vino. Ma contestualmente hanno anche delle responsabilità, perché intervengono sul mercato del vino e sull’immagine delle aziende in modo direttamente proporzionale alla loro importanza, con conseguente incidenza sui prezzi e motivazione delle forze vendita.
Non solo, non è mancato che qualche enologo abbia addirittura rischiato il posto di lavoro perché non ha saputo portare i suoi vini in vetta alla classifica. A questo per fortuna si contrappone il fatto che, grazie alle guide, alcuni enologi possono applicare tariffe di consulenza da favola.
Insomma, ben venga la critica, ma quando si tratta di misurazioni, di test che di fatto sono comparativi e, soprattutto, di giocare sulla pelle delle aziende che a loro volta fanno vivere intere famiglie o centinaia di agricoltori che sudano nelle vigne, ci pare giusto mettere in evidenza il livello di affidabilità, di attendibilità e di esaustività che ha lo strumento che emette il giudizio.
La scienza ha più volte messo in evidenza la non attendibilità degli oroscopi, ma tutti ci divertiamo a leggerli (me compreso) e quindi i giornali li pubblicano. Ma se un giorno venisse dimostrato che c’è una correlazione tra il numero dei suicidi e i pronostici di un determinato astrologo, lo Stato non sarebbe chiamato a intervenire? In enologia lo Stato è già intervenuto nella regolamentazione dei concorsi, perché non dovrebbe farlo per le guide? Anche negli sport che cita Roger Sesto sono state introdotte delle regole di valutazione: nel pattinaggio artistico i campioni sono ovviamente palesi, ma non è un solo giudice a valutarli e tutti i giudici sanno che il minimo e il massimo verranno eliminati dalla media.
Comunque, la discussione sui vini è parte integrante del successo del movimento enologico: guai a pensare di volerla tacitare. Ma chi ha potere ha il dovere di esercitarlo con senso di responsabilità, di valutare gli effetti della sua azione e di limitarne l’impatto ambientale quando questa diventa turbativa.

Un commento

  1. Ci manca solo che lo Stato si metta a fare il censore/poliziotto per le guide del vino! Diciamo piuttosto che dobbiamo imparare a prenderci tutti meno sul serio: chi sta di qua e chi sta di la’ della barricata, produttori e critici.
    In quanto degustatrice in alcune guide del vino, so quanta fatica e impegno costi assaggiare i vini – lavoro che generalmente si fa in estate, perchè s’to cavolo di libri deve uscire entro la fine dell’anno: ovvero quando i vini sono belli e venduti! ma chi s’è inventato una regola così assurda? E inoltre: sapeste che divertimento assaggiare vini da 14-16 gradi con 25-30 gradi di caldo, all’esterno… – . Per parte mia ho sempre cercato di evitare giudizi tranchant, che tagliano le gambe al produttore, anche quando il vino – e capita ancora, per quanto meno spesso di un tempo – fa obiettivamente schifo, o è clamorosamente “costruito” a tavolino. E’ pur sempre il lavoro altrui che si va a giudicare.
    Io lo dico e lo ripeto sempre agli amici produttori: smettetela di leggere/comprare le guide del vino, fate il vino che piace a voi e al vostro mercato, infischiatevene di cosa dicono i vari Cernilli, Parker, Maroni,…
    sai cosa mi rispondono? “Sì, però l’aver preso quel riconoscimento mi ha cambiato la vita e aperto tante porte”.
    E’ come vincere alla lotteria, insomma. Tutti ci provano, pochi ci riescono.
    Si vede che va bene così; ai critici e ai produttori.
    Come direbbe un mio amico, ognuno ha l’inferno che si sceglie.

    O qualcosa del genere.

    Lizzy

I commenti sono chiusi.