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Grappa: sempre più nostra, e ora?

Con D.M. 5389 il ministro dell’agricoltura Saverio Romano ha licenziato alla commissione europea le schede tecniche di grappa e brandy italiano, ultimo atto per perfezionare quanto ottenuto con il regolamento CE 110/08 che inseriva i due prodotti tra quelli a indicazione geografica del nostro paese.

Come al solito per la grappa c’è stata guerra, ma questa volta, lo dobbiamo dire a onore del vero, hanno vinto i paladini del rigore, quelli che vogliono per la nostra acquavite di bandiera la massima trasparenza e una pari purezza. Non solo in un recente passato avevano ottenuto una importante precisazione sull’uso degli aromi impedendo il loro uso anche a quanti interpretavano in modo estensivo la precedente normazione, ma questa volta sono andati oltre: la grappa non si potrà più imbottigliare fuori dai confini nazionali.

Pur scorgendo ancora qualche perfezionamento possibile (l’uso del caramello è vietato per le grappe non invecchiate, ma lo zucchero bruciato potrebbe palesarsi come un buon sostituto traendo in inganno il consumatore) possiamo affermare che la grappa oggi ha una delle regolamentazioni più severe al mondo nell’area delle acqueviti.

Questo ci pare fantastico, ma potrebbe rivelarsi una spada di Damocle se non si procederà con un’efficace azione di comunicazione. Cerchiamo di spiegarci meglio: il 110/08, seguendo una filosofia che distingue molti ambiti dell’Unione Europea, ha allargato le maglie nella regolamentazione degli spirits per consentire maggiori margini di manovra all’inziativa degli imprenditori. Per contro la grappa li ha stretti, limitando possibilità di scorciatoie produttive e quindi riduzioni di costi. Viene sicuramente tutelata maggiormente la qualità intesa come lealtà nei confronti del consumatore, ma con aggravi di costi per i produttori.

Se questa maggiore qualità non verrà comunicata e quindi non ci sarà una maggiore percezione e conseguente remunerazione saranno proprio i grappaioli e gli altri attori della filiera a farne le spese. Oltretutto non dimentichiamo la contrazione dei consumi in atto in termini di volumi e la ridotta marginalità che offre oggi il prodotto.

Dunque: dopo l’invenzione dei monovitigni, le pregiate confezioni in vetro soffiato e il ritorno delle elevate in legno attraverso una intelligente innovazione, è ora di pensare a qualcosa di nuovo. Magari di sensoriale, visto che la grappa alla fine è fatta per essere bevuta e ancora oggi il produttore è il solo ha essere garante che sia buona.