Basta usare olio, aceto, sale e pepe; d’ora in avanti condiremo i nostri piatti con della buona musica. Avetecapito bene: musica. A conferma di ciò ecco intervenire Charles Spence, professore di psicologia sperimentale all’Università di Oxford, il quale ha studiato le interazioni fra il cibo e la musica.
E’ ovvio che la musica non crea di persé gusti o sapori ma può attirare l’attenzione su particolari sfumature di un piatto o di un vino; ad esempio gli acuti esaltano l’acidità, i toni profondi l’amaro mentre i suoni più morbidi la dolcezza. Inoltre Spence afferma che con la melodia giusta si potrebbe far apparire un piatto fino al 10 per cento più dolce o più salato, avendo un impatto non indifferente anche sulla salute. In un mondo sempre più salutista sentiremosicuramente parlare ancora dell’ingrediente digitale musica.