Il Premio Soldera è alla sua quinta edizione
La valorizzazione della Nocciola Piemonte passa anche attraverso analisi sensoriale
I partecipanti hanno avuto la possibilità di assaggiare tre tipi di nocciole (turca, italiana, tonda gentile), al fine di comprendere e fare esperienza delle differenze di percezione tra questi prodotti.
La progettazione delle bevande e la grande spia
Gusto naturalmente rinfrescante. Così recita un tè aromatizzato alla pesca che in seguito promette: *aromi naturali, basso in calorie, senza conservanti, senza coloranti. Per quanto riguarda l’asterisco che precede la dizione aromi naturali non riusciamo a trovare traccia nel testo scritto a corpo minimale sull’etichetta, mentre per le calorie riusciamo a cogliere un 19 kcal per 100 mL, date da un 4,5% di zuccheri. E sulla stessa dichiarazione nutrizionale leggiamo la presenza di un pizzico di sale, mentre da altre parti si riporta la l’aggiunta di acido citrico, citrato di sodio, acido malico e, tra gli edulcoranti, la stevia. Indiscutibilmente è un sollievo pensare che, bevendo l’intero contenuto della bottiglia, l’apporto calorico sia di appena 48 kcal e di primo acchito a livello sensoriale non è per nulla spiacevole. Fa riflettere sulla capacità del produttore di avere progettato con tanta cura una bevanda riuscendo a conferirle sapore e personalità giocando in modo mirabile sulla sinestesia.
Il segreto del cibo del futuro
Siamo dei tradizionalisti. Ci piace la pizza e le pennette al sugo, la cucina della nonna. Ci arrabbiamo quando non si usa il guanciale (o la pancetta?) nella carbonara. Ci indigniamo con quelli che usano il ketchup sulla pasta. Guardiamo con disprezzo chi si vanta della sua colazione salata, e ci fanno inorridire i tedeschi che sorseggiano il cappuccino a pranzo. Per noi il cibo è una cosa importantissima, e non lo cambieremmo mai.
Eppure i cambiamenti nella nostra dieta “italiana” ci sono stati e ci saranno. Prima di accettarlo, il gorgonzola era un formaggio marcio, lo yogurt un latte andato a male. Non sono poi passati troppi secoli da quando, con la scoperta dell’America, ci sono arrivati pomodori e patate, mais e fagioli, peperoni, peperoncini e cacao. E oggi? Impossibile immaginare la cucina italiana senza pomodoro. E la domenica di un lombardo senza polenta? E un calabrese senza ‘nduja? E come farei io senza cioccolato?
Eppure questi prodotti, al loro “sbarco”, erano stati visti con sospetto. Pomodori e patate, per esempio, erano creduti tossici, ed usati solo per decorare i giardini o per l’alimentazione del bestiame, e solo dopo secoli ne abbiamo apprezzato il sapore.
Così oggi: mangiare una cosa sino a pochi decenni fa considerata impensabile, come il pesce crudo, è diventata una normalità. Prima nei ristoranti giapponesi, dove la curiosità ha scatenato la richiesta, per poi finire in molti ristoranti anche occidentali, generando il bisogno di avere quel prodotto anche nei supermercati (e c’è chi ormai se lo prepara addirittura in casa), fin quando diverrà non più una stranezza ma parte integrante della nostra dieta.
Per importare sapori stranieri è quindi il ristorante la prima via: il posto dove si ha voglia di assaggiare qualcosa di strano, di “esotico”, qualcosa che non si cucinerebbe mai a casa propria. E prova e riprova, prima per curiosità e poi per gola, lo strano diventa quotidiano, il diverso diventa tradizionale.
Che sapore ha un Kandinsky?
Siamo nell’era di Instagram. La gente passa la maggior parte del suo tempo col telefonino in mano e, per esprimere agli altri quanto sia felice e fortunato, fotografa le vacanze, i paesaggi ma, soprattutto, quello che mangia. In questa ossessione per le foto del cibo diventa fondamentale non tanto il sapore quanto l’impiattamento, l’eleganza e la golosità della presentazione che deve esaltare, quasi come una pubblicità, le texture e l’appetibilità. Quest’arte, però, si tradurrà in un sapore diverso?
Prendiamo una banale, banalissima insalata. Lattuga, funghi, legumi, salse, vari ed eventuali. Procedura casalinga: mondare, tagliare, e ammucchiare in un’antiestetica montagnola in cima al piatto. Appetibile? Forse per una capra.
Potremmo provare ad essere ordinati, maniacali, e tenere tutti gli ingredienti sul piatto per assaggiarli uno alla volta e lasciare allo stomaco il duro dovere di mescolare i sapori.
Oppure, potremmo prendere un quadro che ci piace, ad esempio di Kandinsky, disporre il cibo allo stesso modo, e poi provare a gustare, nel nostro piccolo, un’opera d’arte.
Il sapore, il percepito, sarà diverso o uguale?
C’è voluta la curiosità di alcuni ricercatori dell’Università di Oxford per sciogliere questo nodo. Hanno preso 60 volontari per assaggiare insalate presentate in modo tradizionale, o in modo ordinato, oppure disposte ad imitare con garbo il movimento del dipinto 201 di Kandinsky.
Non sorprenderà sapere che gli intervistati, su scala 0-9, abbiano valutato molto meglio l’opera d’arte culinaria. Sicuramente più gradevole alla vista, più complessa, sarebbero disposti a pagare molto di più per avere l’onore di assaggiarla. Curiosamente, valutando solo alla vista, non c’è grande differenza sulla valutazione del sapore atteso tra le tre opzioni.
È quando gli intervistati prendono in mano la forchetta che nascono le sorprese: l’insalata artistica, a parità di ingredienti e quantità, è stata valutata sensibilmente più saporita, più buona delle altre.
La dimostrazione che ormai il #foodporn è ormai un’arma potentissima, e che un ristoratore che voglia davvero stupire e distinguersi non possa più solo basarsi su ingredienti di qualità.
Andare a vendere il vino in Russia con analisi sensoriale
Avere un buon interprete russo non basta per vendere il vino in Russia, come non basta tradurre in russo le nostre etichette e le descrizioni su cataloghi e siti web. Quel popolo, che nell’immaginario mondiale è dedito alla vodka, in realtà ha un grande amore per il vino e una straordinaria capacità di descriverlo e di trarre da esso evocazioni di sublime romanticismo. E’ quanto ha messo in evidenza Stefania Cecchini nella sua tesi discussa all’Università di Udine il 24 marzo.
Stefania, Narratore del gusto, è andata in giro per enoteche russe organizzando serate di degustazione in cui ha proposto famosi vini italiani (dall’Asti al Barolo) con una scheda a descrizione libera. Poi ha raccolto diligentemente i dati in matrici e, con la supervisione della professoressa Rosanna Giaquinta, nota russologa, ha tradotto i termini in italiano per organizzarli, infine, in mappe sensoriali. Ne è emerso un quadro sorprendente dal quale si evince che se parliamo del nostro vino ai russi come agli italiani rischiamo di non essere compresi.
La tesi conferma inoltre l’efficacia delle tecniche di analisi sensoriale utilizzate quale forma innovativa di trasferimento della cultura del prodotto: raccontarlo sulla base di quanto viene percepito risulta di gran lunga più efficace dei monologhi propri delle degustazioni tradizionali.
Paolo Nadalet presidente Inei: una speranza per gli assaggiatori di caffè
Una notizia che, di primo acchito, per quanto importante sia il sodalizio, parrebbe non avere molta parentela con l’analisi sensoriale.
Mappa sensoriale: Alfio Neri, la colomba artigianale
Un tripudio di mandorle, glassa e piccole perle di zucchero che nel palato sprigionano sensazioni veramente uniche. La dolcezza degli eccellenti canditi, la morbidezza e l’ impalpabile croccantezza della pasta accompagna chi l’assaggia in un viaggio esperienziale leggero e delicato.
Il suo aroma è un bouquet di fiori primaverili, arancia candita, cannella e pasticceria, che trasmette serenità e pace, come un vero momento di gioia da trascorrere in famiglia.
Un prodotto artigianale dedicato alle feste, da offrire nel proprio focolare a ospiti graditi e attenti: un delicato regalo da accompagnare a un vino da dessert strutturato come un passito ma che è in grado di essere gustato da solo, in purezza in compagnia dei parenti più stretti.
Recensione: Il vino nel mondo
A cura di: Associazione Italiana Sommeliers
Formato: 21×26
Pagine: 558
Prezzo: 45 euro
Contenuti: un libro alla scoperta dei vini e vitigni autoctoni del mondo. Grande attenzione sulla Francia in cui si esplorano nel dettaglio le varie regioni enologiche, per poi passare all’Europa e al mondo intero. Per ogni nazione è proposta una breve storia delle qualità di vino presenti e le pratiche viticole adottate, vengono inoltre descritte le zone chiave adibite alla vitivinicoltura.