Sensory News

Ricerche di mercato, tendenze sensoriali, nuovi metodi e analisi di prodotti
 

Mappa sensoriale: Alfio Neri, la colomba artigianale

colomba alfUn caldo colore marrone della glassa e un gradevole giallo chiaro della pasta, sono il biglietto da visita di un prodotto così morbido, poroso e avvolgente da ricordare quelle note armoniose e speciali del legno.
Un tripudio di mandorle, glassa e piccole perle di zucchero che nel palato sprigionano sensazioni veramente uniche. La dolcezza degli eccellenti canditi, la morbidezza e l’ impalpabile croccantezza della pasta accompagna chi l’assaggia in un viaggio esperienziale leggero e delicato.
Il suo aroma è un bouquet di fiori primaverili, arancia candita, cannella e pasticceria, che trasmette serenità e pace, come un vero momento di gioia da trascorrere in famiglia.
Un prodotto artigianale dedicato alle feste, da offrire nel proprio focolare a ospiti graditi e attenti: un delicato regalo da accompagnare a un vino da dessert strutturato come un passito ma che è in grado di essere gustato da solo, in purezza in compagnia dei parenti più stretti.
http://www.alfioneri.it
alfioneri@libero.it

 

Recensione: Il vino nel mondo

Image A cura di: Associazione Italiana Sommeliers

Formato: 21×26

Pagine: 558

Prezzo: 45 euro

Contenuti: un libro alla scoperta dei vini e vitigni autoctoni del mondo. Grande attenzione sulla Francia in cui si esplorano nel dettaglio le varie regioni enologiche, per poi passare all’Europa e al mondo intero. Per ogni nazione è proposta una breve storia delle qualità di vino presenti e le pratiche viticole adottate, vengono inoltre descritte le zone chiave adibite alla vitivinicoltura.

Robert Parker e la riscoperta del terroir

http://www.assaggiatori.com/blog/index.phpRobert Parker apre al valore del terroir.
Abituati all’estrema quantità di vini regionali e locali disponibili, gli italiani, peccando forse un po’ di etnocentrismo, faticano a capire la difficoltà con cui i consumatori degli altri Paesi, specie non europei, si approcciano al panorama viticolo italiano. Essenziale, a questo riguardo, il lavoro di aiuto nella comprensione della differenziazione dei terroir di professionisti e riviste del settore, tra cui spicca l’americana Wine Advocate (WA), pubblicazione fondata da Robert Parker, probabilmente il critico di vini più influente nel mondo.”

Così scrive Vinit. Che i critici siano importanti e che tra questi Robert Parker abbia un ruolo di primo piano non v’è dubbio, ma sul discorso dell’enocentrismo degli italiani siamo un po’ meno convinti. Enologi di vaglia dotati di notevole empatia e di solide doti di creatività, gli italiani hanno ammiccato all’enologia “internazionale” travestendo i propri vini per farli piacere di più secondo mode che non sono nostre. Baroli sfigurati dal legno, piccoli vini innovati con tecnologie capaci di portarli a essere generosi e succosi, bollicine in cui vitigni e territorio sono offuscati da sentori esogeni.
Stiamo parlando al passato, ma la situazione per molti non è cambiata. Se è vero, come dice Gualtiero Marchesi, che il nostro non è il paese della ricchezza, ma dell’eleganza, si rende necessario un cambio di rotta per valorizzare quei vini che vivono delle loro virtù territoriali. Per fare questo occorrono tre cose: la convinzione, il coraggio e nuove forme di narrazione. In poche parole occorre produrre vini di grande personalità in cui si riflette il territorio (quindi non Australia, Sud Africa o California) e innovare il modo di raccontarli per farli capire. Troveremo sicuramente estimatori che sapranno convincere altri enofili su qualcosa che è unico e irripetibile, perché arriva dall’Italia e solo dalla nostra terra può arrivare.

Aromi, maturazione del seme e mode

http://www.assaggiatori.com/blog/index.php Il mondo vegetale, dal quale noi siamo largamente dipendenti per alimentazione e piaceri della vita, vive di un egoismo tutto suo. Togliamoci dalla testa che una pianta possa produrre aromi nel frutto per il nostro piacere, lo fa solamente per trovare un collaboratore che l’aiuti nella propagazione della specie. Così, fino a quando il seme non è maturo non sognatevi di trovare un complesso aromatico appagante, e quasi sempre anche sotto il profilo tattile e gustativo non riesce a darci il piacere atteso. Solo quando il seme è maturo la pianta, infatti, riduce le difese nei confronti degli attacchi esterni e il frutto si fa più dolce riducendo anche l’astringenza di cui è portatore. La maggioranza della frutta che troviamo oggi in vendita è acida, a volte astringente e non ha profumo, perché tra l’altro è stata raccolta troppo presto.
Non è un concetto difficile da capire, ma storicamente le mode hanno portato a cancellarlo, a fare finta di nulla. Per il vino, se vogliamo tornare agli anni Ottanta, ci fu una grande corrente di pensiero che voleva l’uva raccolta prima della maturazione fisiologica. Un po’ più di acidità faceva comodo e sicuramente i vini erano più serbevoli. Ma sapevano di poco. Ora è la volta del caffè, un po’ per necessità e un po’ per stupidità. Da una parte l’aumento dei costi della manodopera sta facendo avanzare la raccolta meccanica ovunque possibile, con il fatto che in molte partite solo una parte minoritaria dei frutti raggiunge i 20 Brix di zuccheri (livello minimo per garantirsi una certa dose di precursori di aromi) e una parte ancora inferiore i 25 Brix, livello necessario per ottenere un grande caffè. Si aggiunga inoltre che per evitare incidenti di percorso è sempre più in voga l’essiccazione forzata. E, come se non bastasse ecco l’arrivo della moda del secolo: tostare chiaro per mantenere l’acidità. Questo significa non riuscire neppure a sviluppare quel minimo di precursori di aromi che abbiamo nei semi. Insomma, qualcuno vuole farci intendere che una tazzona di caffè che risulta per lo più un miscuglio di acido citrico e malico è quanto di meglio ci possa essere. Ma tra questi sostenitori della nuova moda c’è anche chi ha detto che se l’acidità è citrica il caffè ha note agrumate, se è malica sa di mela. Motivo in più per non crederci, per ribadire la saggezza dei padri del nostro Espresso Italiano: tostature lente e piene usando solo caffè perfettamente maturi. Felici di essere fuori moda.

Recensione: La tazzina del diavolo – Viaggio intorno al mondo sulle vie del caffè

Image Autore: Stewart Lee Allen

Editore: Feltrinelli Traveller

Formato: 12,4 x 18,3

Pagine: 190

Prezzo: 7,50 euro

Contenuti: Anno 1988, un viaggio intorno al mondo e un racconto di vita sulle vie del caffè. Dal Kenya all’Etiopia, lo Yemen, la Turchia e l’Europa, terminando in un coast to coast negli USA. Questo libro intreccia la storia personale del protagonista alle diverse culture del caffè sparse nel globo.

Il piacere di piacere

shutterstock_56808880Esistono molti buoni prodotti, ma non tutti i prodotti possono permettersi il lusso di essere eccellenti. Cosa stabilisce quindi l’eccellenza di un prodotto? La risposta è semplice ed è da ricercare in ciò a cui tutti in  fondo aspirano: il piacere

“Il mio prodotto non si fonda sul lusso, ma sul grande piacere”. A fare questa affermazione altri non era che Gianfranco Soldera, che creando vini unici, al limite del provocatorio, ha dato vita a un successo mondiale senza compromessi.

È questa grande personalità, il sogno, la ricerca e la mano (e la fatica) di grandi e piccoli produttori a dar vita a esperienze uniche, che talvolta possono trasformarsi in lusso, ma che spesso più semplicemente sono un lusso per i sensi.

È il grande piacere che sono in grado di offrire a tramutarli infatti in vere e proprie eccellenze: il piacere che trovano questi grandi uomini (e donne) nel creare e nel gustare i propri prodotti (cosa non scontata), ma soprattutto il piacere di chi incontra questi prodotti, espresso poi con il desiderio di ripetere l’esperienza.

L’eccellenza esprime quindi non uno status, non il lusso, e nemmeno un prezzo; eccellenza è la ricchezza trasmessa in chi assaggia, è l’incontro tra percezioni ed emozioni, storia e passione.

E se molti sono i prodotti che possono piacere al consumatore senza però arricchirlo (e questi solitamente non arricchiscono nemmeno il produttore), altrettanto numerosi sono quelli che emozionano il loro creatore, ma che non offrono piacere al pubblico, perché complicati o semplicemente non buoni. Altri ancora non piacciono a nessuno e devono il loro successo a sovrastrutture valoriali particolari (biologico, sano, territoriale).

La vera eccellenza invece non distingue le aziende per fatturato o per quantità di produzione e ricavi, ma per la loro capacità di offrire ciò che in fondo tutti cercano (più o meno palesemente): il piacere.

Il premio Soldera per giovani ricercatori alla V edizione

Già essere nella sala del Mappamondo di Montecitorio è una conferma che si tratta di una qualcosa di importante, ma la dimensione dell’evento è stata data dai dieci giovani ricercatori che hanno presentato i lavori realizzati nel 2014: Jacopo Bigliazzi, Lorenzo Brilli, Daniele Davitti, Salvatore Filippo Di Gennaro, Claudia Ferretti, Giulia Harri, Giuseppe Mazza, Elisa Pievanelli (con uno studio condotto insieme ad Abel Rodriguez de la Conception e Riccardo Stefanelli), Emanuela Pusceddu e Yuri Romboli.
A conferma di quanto sostiene Gianfranco Soldera (la perfezione è una meta e  pure il grande Brunello di Montalcino ha ancora margini di miglioramento) i giovani ricercatori hanno dimostrato che l’innovazione è possibile portando ricerche su nuovi metodi di conduzione del vigneto (droni e sonde wirless, remote sensing e altro ancora), di produzione e tracciabilità del vino (tra Dna e lantanidi). Interessanti come sempre gli interventi di Mario Fregoni, presidente della commissione giudicatrice e dell’assise, che ha via via collegato le varie tesi all’obiettivo primario del miglioramento qualitativo. L’apice, in questo ambito, è stato raggiunto da Claudia Ferretti con un lavoro sulle variazioni sensoriali a bottiglia smezzata, nell’arco di oltre 100 ore, di 31 vini italiani. Da questa emerge un dato davvero confortante, soprattutto se si considera  l’investimento di circa 500 euro a bottiglia: il Sangiovese Case Basse Soldera evolve acquistando nuovo fascino senza che venga depresso il piacere del fruitore.

Alba si candida tra le Creative Cities of Gastronomy UNESCO

http://www.assaggiatori.com/blog Una gastronomia fortemente sviluppata e caratteristica del centro urbano e della regione circostante, una vivace comunità gastronomica, l’uso di “ingredienti endogeni” utilizzati nella cucina tradizionale, un know-how locale, pratiche culinarie tradizionali e metodi sopravvissuti al progresso industriale e tecnologico, la presenza di mercati alimentari tradizionali e industria alimentare tradizionale: ecco alcuni requisiti indispensabili che una città deve avere per aspirare a diventare una “Creative City of Gastronomy” UNESCO. E Alba, la piccola grande città delle Langhe le incarna al meglio!
Durante la presentazione della sua candidatura a questo network internazionale, i vari interventi del sindaco di Alba Maurizio Marello, dell’ assessore alla Cultura e Turismo Fabio Tripaldi, di Angelo Boscarino di Present Spa di Milano, di Erica Firpo di BBC Travel, di Annalisa Renzi Narratore del Gusto e di Piercarlo Grimaldi, Rettore dell’Università di Scienze gastronomiche di Pollenzo, hanno sottolineato ed evidenziato le peculiarità e le eccellenze di Alba, dove tradizione e innovazione si fondono in modo armonioso e unico a creare un patrimonio culturale ed enogastronomico veramente all’avanguardia e di alta qualità, sia dal punto di vista della materia prima sia dal punto di vista dell’accoglienza, della comunicazione e della narrazione del territorio.
La considerazione comune di tutti gli intervenuti alla conferenza e al successivo dibattito è stata quella che entrare in un network di tale portata sia un’opportunità concreta per incrementare la propria visibilità internazionale, ma soprattutto quella di potenziare e sviluppare attività di cooperazione internazionale insieme ad altri territori e realtà estere con un’identità culturale affine e sinergica.
Uno scenario bellissimo fortemente voluto da un team eterogeneo coordinato dal Comune di Alba attraverso l’Assessorato al Turismo e Cultura e composto da Ente Turismo Alba Bra Langhe e Roero, Ente Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba, Associazione Commercianti Albesi, con il sostegno del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e la consulenza tecnica della Present Spa di Milano.
Un obiettivo veramente alto, dove la progettazione creativa, la mediazione culturale tra i produttori e i turisti, una rete efficace di servizi ne sono il fulcro e il cuore pulsante.
Dobbiamo pensare in modo diverso e creativo – sosteneva l’albese Michele Ferrero e proprio Alba con la sua candidatura ne è un esempio lampante, prezioso e significativo.

Analisi sensoriale al servizio della diplomazia

http://www.assaggiatori.com/blog/index.php Esistono i diplomatici commerciali che scrutano i nostri mercati per trovare opportunità per i prodotti dei loro paesi, ma anche per scoprire le nostre eccellenze per distributori di casa loro, perché pure il commercio è un’attività economica che, soprattutto in un’epoca di globalizzazione e di contaminazione culturale, ha un’importanza di primo piano.
A Roma esiste il Club dei diplomatici commerciali, coordinato da Guido Razzano, che sabato scorso ha voluto incontrare l’Istituto Eccellenze Italiane Certificate, il sodalizio formato da 15 aziende di alto profilo che complessivamente fanno più di 400 milioni di fatturato. L’incontro si è svolto nella sala conferenze di Nctm, il più grande studio legale italiano che vanta ben 250 avvocati distribuiti in sei sedi nel mondo.
Dopo gli onori di casa di Laura Formichella, Enrico Toti e Paolo Quattrocchi, Carlo Hausmann, presidente del comitato scientifico di Ieic, ha dato il via ai lavori che hanno occupato l’intera giornata svolgendosi secondo l’innovativo corso di brand teller messo a punto dal Centro Studi Assaggiatori per i Narratori del gusto.
Diplomatici di Danimarca, Polonia, Ucraina, Panama, Cina, Albania, Lettonia, Malta e San Marino hanno così preso coscienza di eccellenze italiane (vino – nei calici Supremo della Luigi Bormioli – salumi, caffè, gelato e cioccolato) mediante mappe sensoriali e sfide a squadre, descrizioni semantiche e tecniche di profilazione. A compendio i brillanti interventi di Alfonsina Schettino, Mariafiore Maggiordomo (Jolly Caffè), Alice Mancini (Domori) e Claudio Grigoletto (Vecogel) e per rallegrare gli animi un buffet con i prodotti della campagna romana chiuso da un fantastico caffè Costadoro.

Interessante la riflessione di Guido Razzano al termine della giornata: la diplomazia si fa soprattutto a tavola e i metodi usati dai Narratori del gusto possono essere di grande utilità non solo per i prodotti italiani, ma per ogni prodotto del mondo che abbia una storia sensoriale da raccontare. Come dire: anche la nostra analisi sensoriale costituisce un prodotto da esportare.

Grappa: dietro la percezione

G & A 000440Vi siete mai chiesti cosa c’è dietro quel sentore di erba appena falciata in una grappa? Ci sta un gruppo di molecole, di cui le principali sono l’esanale e l’esanolo. Parole che possono spaventare i neofiti. Ma se proviamo a dirglielo diversamente?
Per esempio che forse la vinaccia non è stata fermentata proprio bene o che il taglio delle teste non è stato eseguito a sufficienza? La cosa cambia aspetto.
Ecco, durante il  corso che si terrà a Milano il 2 marzo, la prima edizione del Codice Sensoriale Grappa, i partecipanti potranno comprendere di persona cosa sta dietro a una loro percezione. Non ci sarà un docente, ma una guida che condurrà alla scoperta della nostra acquavite di bandiera attraverso ciò che i partecipanti sentono nel prodotto. E se qualcuno invece dell’erba appena falciata ci sente la cimice? Niente paura, sente le stesse molecole, ma è molto più sensibile del collega e vittima del suo olfatto straordinario in fatto di esanale e simili. Il conduttore del gruppo spiegherà anche gli strani giochi dell’olfatto. Si assaggerà molto, in molti modi diversi e si parlerà poco. Il giusto.