Sensory News

Ricerche di mercato, tendenze sensoriali, nuovi metodi e analisi di prodotti
 

Nasce l’amplificatore sensoriale

È di questa settimana la notizia che il progetto Eidos del Royal College of Art di Londra ha partorito una maschera capace di incrementare la realtà consentendo all’udito e alla vista quasi superpoteri. In poche parole potremo comprendere discorsi e percepire suoni provenienti da punti precisi isolandoli da rumori, potremo vedere movimenti di oggetti e soggetti come al rallentatore, cogliendone quindi particolari che ora sfuggono anche al più acuto degli osservatori.

È di venerdì scorso una brillante relazione di Marco Bergamaschi al Club dell’innovazione che mette in relazione la difficoltà di comunicazione dovuta al sovraffollamento stesso dei mezzi di comunicazione, con la conseguenza che la forma tende a prevalere sui contenuti.

Mettendo insieme le due notizie di cui sopra ci scappa una riflessione. La realtà incrementata è unicamente rivolta ai sensi mediati: vista e udito. Olfatto, tatto e gusto ancora una volta sono lasciati in disparte, né più né meno di come succede con le moderne di forme di comunicazione in cui prevale largamente la distanza, impedendo a ognuno di noi di sentire l’odore del nostro interlocutore, di stringergli la mano, di cogliere il suo respiro. Tutto questo progredire dei canali mediati ci porterà immancabilmente verso una maggiore superficialità e una cronica mancanza di emozioni autentiche. Il cibo della mente, di cui i cosiddetti sensi animali sono prodighi, si farà più scarso e meno saporito, di conseguenza saremo forse un po’ più tristi e alcuni di noi persino emaciati.

C’è un modo per tornare a una “dieta bilanciata”? C’è e può essere divertente almeno quanto un videogame, sicuramente più appagante: riappropriarsi del nostro canale cinestesico. In analisi sensoriale lo si esercita moltissimo, insieme ad altre persone, costituendo relazioni profonde attraverso metodi di sicuro effetto ludico. La nostra disciplina attinge infatti molto dall’analisi transazionale e dalla programmazione neurolinguistica consentendo a tutti di godere di una realtà incrementata. Ma nel modo giusto, non quella che può derivare da specchi deformanti.

La contaminazione per la crescita dell’analisi sensoriale

Parlare di contaminazione fa sempre un po’ di paura, anche quando si parla di contaminazione culturale. Eppure domani a Brescia, all’università, nel Dipartimento di Economia e Management, si svolgerà una giornata davvero singolare i cui partecipanti vivranno tre momenti capaci di arricchirli proprio perché generati da entità molto diverse tra loro.

A iniziare la giornata sarà l’International Academy of Sensory Analysis con una tornata dedicata all’applicazione della statistica nell’analisi sensoriale dei vini. Per molti di noi sarà un po’ come tornare a casa, visto che è a questo dipartimento che dobbiamo il notevole sviluppo, cominciato esattamente 15 anni fa con gli accademici statistici Dancelli, Brentari e Carpita, registrato dalla nostra analisi sensoriale. Se non avessimo avuto vicini tecnici delle scienze statistiche in grado di darci gli strumenti per validare i metodi innovativi che via via mettevamo a punto non avremmo mai potuto conseguire progressi così importanti. Ottimo terreno di incontro e di sperimentazione furono i cinque master di analisi sensoriale che seguirono, varati dal prof. Mario Fregoni, allora ordinario di viticoltura all’Università Cattolica e oggi presidente di Iasa.

Nel corso dell’incontro saranno anche presentati gli elementi di buona prassi per l’esecuzione dei test di analisi sensoriale, il primo  documento di orientamento del nostro Paese volto a dare dei riferimenti precisi agli operatori per garantire agli utenti della disciplina risultati attendibili, affidabili ed esaustivi derivanti dalle valutazioni sensoriali.

A metà giornata si incontreranno i Narratori del gusto, sorti dall’applicazione dell’analisi sensoriale alla narrazione dei territori e dei loro prodotti tipici e tradizionali, per lasciare poi il podio al Club dell’Innovazione, un sodalizio nato per riunire quanti per professione o per vocazione sono dediti all’innovazione nei settori in cui operano.

Il carattere originale della giornata non sarà tale solo per i contenuti, che sicuramente lo saranno, ma anche per la concomitante presenza di competenze così diverse tra loro che non mancherà di essere di stimolo a tutti, consentendo a ognuno di avere visioni più ampie e quindi di progredire nel proprio settore.

La scoperta dell’olfatto

La scorsa settimana ad Alma, la Scuola Internazionale della Cucina Italiana, si sono conclusi gli esami finali del tredicesimo corso di pasticceria. Leggendo le tesi scritte dagli studenti, una in particolare ha catturato la mia attenzione. Colgo pertanto l’occasione per proporvi di seguito questa riflessione estrapolata dalla tesi di uno studente che riassume in breve cosa sia l’olfatto e quale magica scoperta porta il rendersi conto che tutti noi abbiamo un naso!

“Analisi sensoriale è stata una delle materie che mi ha colpito di più perché mi ha dato la possibilità di comprendere qualcosa in più sul funzionamento dei nostri sensi, soprattutto per quanto riguarda il gusto e l’olfatto, che tutti noi abbiamo scoperto funzionare in modo errato nella maggior parte delle persone.

Immaginate di vivere i primi ventotto anni della vostra vita convinti che esista il “gusto” di fragola, certi di poter riconoscere senza problemi la differenza di aroma tra una mela e una pera… E poi fate un test che senza possibilità di errore afferma che tutto quello in cui credevate non era vero. È stato strano perché quando la professoressa Bagna ci ha spiegato come funzionava l’olfatto il mio primo pensiero è stato: “Ma che cavolate sono, come mai non esiste il “gusto” fragola?”. Credo che la mia espressione insieme a quella dei miei compagni avesse chiarito senza possibilità di errore che non credevamo a quello che ci era appena stato detto. A quel punto ci venne fatto fare un test semplice ma chiarificatore.

La professoressa diede una caramella zuccherata incolore alla fragola a ognuno di noi, dicendoci di tenerla in bocca con il naso tappato in modo da bloccare gli aromi. Ovviamente in bocca sentivamo solo il dolce della caramella e nient’altro. Poi ci disse di stappare il naso e a quel punto tutto l’aroma della fragola fu rilasciato in bocca. Come spiegazione ci disse: “Quello è l’aroma della fragola, quello che sentite adesso è l’olfatto non il gusto, il gusto era il dolce”. Che scoperta, pensai.

Avevamo appena scoperto l’olfatto e da quel momento sarei stato pronto ad ascoltare tutto quello che c’era da sapere su questo senso. Era come se qualcuno fosse venuto a bussare sul mio naso per dirmi “guarda che esisto anche io”. Il venire a conoscenza delle funzioni di questo senso è stato molto interessante e devo dire che questa materia mi ha permesso di aprire molto la mente. È proprio vero che spesso le cose non sono come sembrano.

Durante la stessa  lezione abbiamo anche imparato come l’olfatto fosse il senso che meno si lasciasse ingannare tra i cinque a nostra disposizione e di come invece la vista fosse il più impreciso.

Personalmente non credevo che l’olfatto potesse influenzare le nostre vite a tal punto, ma me ne sono reso conto quando, dopo quella lezione tornai a casa da Colorno e respirai a pieni polmoni  appena entrato in casa quell’odore così familiare e unico che subito mi fece sentire tranquillo e rilassato, un odore completamente diverso dall’appartamento di Colorno. Era proprio quell’odore a farmi sentire a casa mia, che mi faceva sentire così e non l’arredamento o quello che vedevo. Questo a dimostrare quanto l’olfatto, che avevo scoperto da poco, mi stesse già influenzando. Sicuramente lo faceva anche prima, ma ora c’era la cosa più importante: la consapevolezza.”

È innovativo esportare analisi sensoriale

Il claim del Centro Studi Assaggiatori è da qualche tempo “analisi sensoriale per l’innovazione”. Non è solamente un’esternazione dell’orgoglio per quanto abbiamo fatto in questi anni in analisi sensoriale (che potrebbe suonare antipatico se tradotto in arroganza), ma soprattutto una promessa di quanto vogliamo fare in futuro.

A questo proposito ci ha fatto riflettere quanto ci ha scritto Claudio Martini dall’Australia, un cittadino italiano che non riesce più a scrivere velocemente nella nostra lingua, ma ancora la legge: “Ho avuto notizia della scomparsa del signor Bonollo nella tua newsletter della quale sono un abbonato avido da qualche tempo. Il tuo sito web e la newsletter contribuiscono positivamente alla diffusione dei piaceri gastronomici italiani. Inoltre ci rendono gelosi delle autenticità inimitabili che si possono solo assaporare in Italia.”

Ho tradotto dall’inglese che non è il mio forte, quindi la traduzione non è letterale, ma sono certo che il senso e lo spirito sono questi.

Proprio per questo torno su due punti che mi rendono polemico da sempre: se da una parte i nostri prodotti alimentari vanno all’estero senza una foto sul passaporto (passando dai disciplinari ai catologhi il festival di descrizioni sensoriali generiche, consunte e vacue migliora di poco), dall’altra non si è ancora compreso che lo strumento strategico che consente agli stranieri di apprezzare la nostra grandezza alimentare è costituito dall’analisi sensoriale.

Dalla nostra analisi sensoriale, da quella che è stata costruita intorno alle nostre tipicità e si è evoluta trasformandosi in un potente strumento narrativo, tanto da originare una nuova figura professionale: i Narratori del gusto. In questo siamo almeno alla pari dei francesi, solo che loro hanno a disposizione mezzi e consensi per esportarla, mentre da noi, come al solito, si fa con mezzi propri. Nonostante questo il successo non ci manca: quest’anno un corso su quattro dell’Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè è svolto all’estero, e dietro ci vanno attrezzature e miscele per preparare l’Espresso Italiano. Per contro a Vinitaly ci si domandava come mai in Cina la Francia fa da sola il 50% del mercato del vino: qualcuno ha pensato di andare a vedere come ha conquistato questa posizione o le nostre indagini di mercato si limitano ai volumi e ai valori delle vendite?

Rendere buyer e opinon leader, ristoratori e baristi, consapevoli delle scelte e portarli a scoprire il talento che c’è nei nostri prodotti significa renderli nostri ambasciatori all’estero. Pensate allo splendido lavoro che ha fatto Alma, la scuola internazionale di cucina di Colorno, negli ultimi due lustri e non vi sarà difficile scoprire che la formazione è la chiave per l’apertura dei nuovi mercati.

Isola sensoriale: a Vinitaly ha funzionato alla grande

I dati sono in elaborazione, ma da un primo conteggio si evince che in quattro giorni all’isola sensoriale, organizzata e gestita a Vinitaly nel padiglione Agrifood Club dal Centro Studi Assaggiatori, più di 2.300 persone hanno fatto un’esperienza di assaggio codificato su scheda prendendo coscienza della qualità di grappa, acqueviti, liquori, caffè e vini da dessert. Sì, perché quest’anno, ai tradizionali Grappa & Co (venticinquesima edizione) e Coffee Experience (V edizione), si è unito il Narratori del gusto Special Guest dedicato ai vini da dessert.

Insomma, utilizzando gli indici di assaggio per partecipante dello scorso anno i test eseguiti e puntualmente codificati sarebbero circa 13.000, in crescita quindi  rispetto al 2012.

Su questo dato – che un po’ strabilia anche noi – vorremmo fare una riflessione. A chi viene a un banco di assaggio gestito con la metodologia Stratus Tasting sono necessari dai 10 ai 15 minuti di lavoro prima che possa eseguire la degustazione. Al partecipante è infatti richiesto di profilarsi dal punto di vista sociodemografico e di dichiarare le proprie preferenze e le abitudini di acquisto e di consumo. Tutte notizie che saranno poi correlate alla valutazione che esprime originando così un vero report sulle tendenze di mercato.

Considerando che ogni visitatore ha a disposizione centinaia di stand nei quali può fare degustazioni di prodotto senza doversi sottoporre a un faticoso questionario, diventa interessante comprendere perché lo fa, visto che ogni essere vivente non compie alcun sforzo se non pensa di ricavarne un vantaggio competitivo. Sostanzialmente il premio per i partecipanti a uno Stratus Tasting è costituito da tre elementi:

  • la possibilità di esplorare un universo in perfetta calma e tranquillità, in un ambiente neutro nel quale non ha la paura di avere sollecitazioni commerciali;
  • la possibilità di essere seguito da esperti ricevendo informazioni e scambi di idee avulse da ogni logica di vendita;
  • sentirsi protagonista attraverso i giudizi che esprime, imparando qualcosa di nuovo anche sul metodo di assaggio.

Parlando con alcuni dei partecipanti e realizzando qualche esperienza personale (come resistere a quasi 200 prodotti che vogliono essere il top di quello che c’è sul mercato?) ci siamo fatti un’opinione sulle tendenze dei tre settori considerati:

  • caffè: stanno emergendo delle vere eccellenze che si staccano verso l’alto rispetto alla media del mercato, miscele che potranno  originare un verso rinascimento dell’espresso, soprattutto quello del bar. Ma sono più difficili da preparare, per cui avremo necessità di avere baristi più bravi, dotati di grande motivazione e di grande passione;
  • grappe: i produttori non dimostrano di avere le idee chiare sulle due categorie emergenti, le morbide e le invecchiate. Le prime molte volte sono zuccherose, ma mancano di vera suadenza perché pungenti e sono frequentemente carenti nel tondo fruttato e nell’accattivante floreale. Le seconde non di rado promettono con il colore quello che poi non mantengono con l’aroma;
  •  vini da dessert: è un settore che consente scoperte di grande interesse sensoriale, una nicchia sicuramente destinata a crescere. Ma non basta che il vino sia dolce, il livello di eccellenza si gioca sulla complessità aromatica a lunga persistenza.

La grappa perde uno dei suoi grandi: Giuseppe Bonollo

Giuseppe Bonollo, quello di Mestrino (PD), da ieri non è più con noi. Lascia la più grande distilleria di grappa, un nipote, Elvio, alla presidenza dell’Istituto Nazionale Grappa e un vuoto che sarà impossibile colmare, almeno per quelli come me che l’hanno avuto vicino per quarant’anni.

Lo conobbi infatti nel luglio del 1973 e mi colpì il fatto che non si desse pace sul come avere più padronanza del processo produttivo nella fabbricazione dell’acquavite di vinaccia, come già avveniva per il vino. Il nostro primo rapporto fu proprio di tipo tecnologico, per sperimentare lieviti selezionati e regolatori della fermentazione. Diventammo amici e mi fu sempre vicino: nell’avvio degli assaggiatori di grappa, nella rifondazione dell’Istituto Grappa Veneta prima e nella fondazione dell’Istituto Nazionale Grappa poi.

Suo fratello Bruno diceva sempre che era troppo buono. In realtà erano buoni uguali, ma Giuseppe si meritava il rimprovero perché effettivamente evitava ogni conflittualità, a costo di rimetterci. Eppure era un imprenditore di successo: nel corso degli anni, la Bonollo Umberto registrava una crescita continua, acquisendo anche altre aziende storiche come la Modin e la Dalla Vecchia.

Annoverabile nel ristrettissimo numero dei grappaioli non individualisti, Giuseppe Bonollo faceva la sua strada senza curarsi più di tanto delle strategie degli altri. Dove stava il suo segreto? Sicuramente nella capacità di osservare il mondo, ma soprattutto nella sua capacità di instaurare relazioni umane profonde e stabili. Non lesinava mai un piacere, non ne chiedeva mai il riscatto, quindi tutti erano pronti a confidarsi con lui e, all’occasione, a ricambiare i favori ricevuti.

Questa è forse la più bella eredità che lascia al mondo della grappa e a tutti noi: una filosofia di vita, umana e imprenditoriale, quanto mai importante per il momento che stiamo vivendo.

L’omaggio più bello che posso rendergli sarà di andare a scovare nella mia collezione di grappe quella di Friularo del 1972 che fece per l’allora ministro dell’agricoltura Toni Bisaglia (e che costituisce la prima grappa di monovitigno dell’era moderna), aprirla e sorseggiarne il contenuto rivolgendogli un ultimo pensiero di gratitudine.

A Vinitaly una isola sensoriale

100 tra acqueviti e liquori in cui primeggia la grappa, 50 vini da dessert esclusivi, 35 caffè eccellenti: con questa popolazione d’eccezione si presenta l’isola sensoriale realizzata dal Centro Studi Assaggiatori a Vinitaly, nel padiglione di Agrifood Club.

Allo storico Grappa & C. Tasting che quest’anno festeggia la XXV edizione, quattro anni fa si era aggiunto Coffee Experience e quest’anno debutta Narratori del gusto Special Guest, dedicato ai vini da dessert.

Tutti i banchi di assaggio seguiranno la collaudata metodologia Stratus Tasting che prevede la descrizione del visitatore attraverso i classici parametri sociodemografici, le abitudini di acquisto e di consumo e le preferenze, per poi registrare la valutazione dei prodotti liberamente scelti attraverso una scheda strutturata. Le migliaia di dati saranno quindi elaborati ottenendo informazioni sul livello di qualità percepita di ogni prodotto (comunicata poi ai relativi produttori) e indicazioni di grande importanza sull’evoluzione delle tendenze di gusto. Se si considera che in certe edizioni si sono superati i 13.000 assaggi codificati su scheda, compiuti da un pubblico che esercita una grande influenza sui consumi, appare evidente come i risultati di questi test abbiano un’importanza strategica per l’orientamento del marketing delle aziende.

E, a questo proposito, nell’isola sensoriale sarà presentata un’altra novità: Ads System, un software specifico in grado di rilevare i dati in tempo reale con qualsiasi device (smartphone, tablet, pc, mec ecc.) eliminando così le schede in carta e il relativo tempo di caricamento. Ads System, operando sia in locale sia in remoto, è adatto tanto all’acquisizione di dati sensoriali quanto alle valutazioni che possono essere compiute sui punti vendita (bar, negozi, ristoranti, gdo ecc.).

L’isola sensoriale gode del patrocinio dell’Istituto Nazionale Espresso Italiano, dell’Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè e dei Narratori del Gusto, l’associazione che riunisce imprese, organizzazioni e professionisti attraverso l’innovazione nella comunicazione dei territori e dei loro prodotti tipici e tradizionali.

 

Analisi sensoriale come strumento di internazionalizzazione

L’apprezzamento dei prodotti alimentari italiani all’estero è direttamente correlato con la capacità del consumatore di “leggere” il codice sensoriale del cibo o della bevanda che gli viene proposta cogliendone la straordinaria complessità e relazionando il percepito alla storia culturale e tecnologica del prodotto, nonché al territorio di origine. Un percorso davvero complesso nel quale molti potenziali clienti si smarriscono facendoci perdere affari preziosi.

Per ovviare all’inconveniente l’analisi sensoriale risulta provvidenziale non solo nella fase di verifica del livello di gradimento finalizzato alla selezione dei prodotti da dirigere su un determinato mercato, ma anche e soprattutto per comunicare l’alimento o la bevanda agli utenti in modo efficace.

Di tutto ciò e di molto altro si è parlato ieri a Napoli, all’Università Federico II, in un convegno organizzato da Consvip, aperto dal direttore del dipartimento di Agraria Paolo Masi e moderato dal presidente dei formatori della Campania Alfredo Losi.

Nell’intervento introduttivo il presidente di Consvip, Raffaele Fabbrocini, facendo appello allo storico generato da oltre vent’anni di operatività della società, ha messo in evidenza come alla base dell’internazionalizzazione ci sia la formazione, sia dell’esportatore, sia dell’importatore e sia dell’utente finale. In questo percorso, per i prodotti alimentari, l’analisi sensoriale diventa strategica per garantire il successo dell’operazione.

Dello stesso avviso si è dimostrato José Luiz  Tejon Megido, guru dell’agribusiness in Brasile e direttore del dipartimento di agroindustria della prestigiosa Università Espm di San Paolo. Il relatore ha messo in evidenza come il potenziale di esportazione dei prodotti italiani in Brasile sia enormemente più ampio di quello registrato al momento attuale, sia per la presenza di trenta milioni di discendenti di nostri connazionali, sia perché l’Italia rappresenta comunque ancora l’eccellenza mondiale per la gastronomia, la moda e lo stile di vita.

Gli oltre sessanta imprenditori campani presenti in sala hanno vissuto la giornata come una vera boccata di ossigeno intrattenendosi al termine con i relatori fino a pomeriggio avanzato, per chiedere lumi, per provare a fare progetti. E questa è stata la fase più bella: potrebbe nascere un centro di eccellenza sensoriale sulla costiera amalfitana, nuove certificazioni per i prodotti tradizionali e innovazioni importanti nell’ambito della collocazione sui mercati della frutta e della verdura, ma soprattutto l’opportunità di andare a esplorare il Brasile.

Vini, note perse

Esiste Vignenote, una bella azienda in Franciacorta, ed esistono le note perse, vale a dire sentori di profumi e di aromi – attribuiti ai vini da una consistente bibliografia quali fortemente caratterizzanti una tipologia – che stanno scomparendo.

Volendo fare qualche esempio possiamo rilevare che tra le prime a svanire è sicuramente stata la nota di cavallo sudato nei vini della Rioja, falcidiata dalle nuove conoscenze enologiche che hanno sterminato i Brettanomyces che inquinavano le cantine della nota regione iberica.

In Italia abbiamo il Tocai che, man mano si eleva in qualità evitando l’ossidazione, perde la mandorla amara e il Sauvignon che, con i nuovi cloni, non si esprime più con la celeberrima pipì di gatto (che poi pipì non è). Da quando si è scoperto che facendo maturare bene le uve le pirazine possono scendere sotto la soglia della percezione, anche Merlot e Cabernet stanno abbandonando la nota di peperone o edera come qualche assaggiatore amava chiamarla.

Ma non temete: per un bel po’ di tempo ci sarà ancora qualcuno che sapendo che il vino è un Sauvignon vi inviterà a cercare la pipì di gatto e così per le note che furono caratteristiche per gli altri vini. Personalmente sto sognando che ci sia uno dei noti conduttori di degustazioni che mi inviti a sentire il legno in un vino barricato senza che io riesca a trovarlo.

Prosciutto crudo: una delizia, quando è buono

Il prosciutto crudo è sicuramente uno dei prodotti più complessi nel mondo della salumeria italiana, nonché uno dei più amati e serviti sulle tavole italiane. Ma come si può riconoscere la qualità di un prosciutto crudo e quali sono le caratteristiche sensoriali che lo contraddistinguono?

Un primo fattore particolare che incide sulla qualità del prodotto deriva dalla lavorazione e consiste nel portare alla stagionatura una coscia intera: ciò impedisce che muffe e batteri penetrino nelle carni e quindi avviene che le proteolisi, fondamentali per la stagionatura, siano principalmente di origine enzimatica.

Un’altra caratteristica distintiva è legata al fatto che la coscia è formata da vari fasci muscolari diversamente esposti all’ambiente, pertanto si potrebbero riscontrare differenze sensoriali anche sul medesimo pezzo. Sicuramente l’uniformità sensoriale non è punto di forza del prosciutto crudo: è possibile che ci siano differenze notevoli da pezzo a pezzo ma anche all’interno dello stesso pezzo. Le differenze sensoriali si percepiscono sia sull’aroma che sul sapore del prodotto, ma le possiamo considerare in modo positivo in quanto aumentano sicuramente la complessità e la ricchezza aromatica.

Il successo del prosciutto crudo è legato principalmente agli aromi tipici: delicati e spesso tendenti alla frutta secca. La percezione del dolce delle carni è una caratteristica molto ricercata soprattutto in un prodotto con lunghi tempi di stagionatura ed è legata principalmente alla marezzatura, cioè alla presenza di piccole venature di grasso intramuscolare, importante anche per bloccare parte degli aromi liposolubili che si formano durante le proteolisi e lipolisi. Inoltre viene apprezzata maggiormente la tendenza al sapido che non al salato e anche questo aspetto è legato alle forti proteolisi delle carni.

Gli aspetti sensorialmente negativi, invece, sono principalmente collegati a una prevalenza del salato, o alle infiltrazioni di aria che portano all’ossidazione della carne con formazioni di aromi di rancido e putrido, che spesso si riscontrano  in corrispondenza dell’osso a causa del passaggio dell’aria durante la stagionatura.