Sensory News

Ricerche di mercato, tendenze sensoriali, nuovi metodi e analisi di prodotti
 

Un mondo senza Chanel

shutterstock_46753996[1]Tutelare le allergie a tutti i costi? È possibile? È plausibile?
Recente è la notizia riguardo la valutazione di una regolamentazione da parte dell’Unione Europea sull’utilizzo di alcune fragranze nella produzione di profumi e cosmetici poiché causa di allergie.
Sotto inchiesta sono sostanze quali cumarina, eugenolo, citrale, atranolo. Per intenderci: vegetale, muschio, limone ma anche il giglio.
Immaginiamo ora un mondo in cui tutti i prodotti che possono comportare intolleranze fossero messi al bando.
Per prima cosa le donne non potrebbero più ammaliare con l’inconfondibile Chanel n.5 (di cui viene venduta una bottiglia nel mondo ogni 30 secondi).
Schiere di adulti e di bambini entrerebbero in rivolta privati dell’amata Nutella perché a base di nocciole, fonti di tante allergie.
È quindi il turno di patatine e pomodoro per gli intolleranti alle solanacee.
E che dire della pizza? Fonte di problemi per intolleranti ai latticini, al pomodoro e per gli allergici al glutine.
A tal proposito non osiamo immaginare cosa accadrebbe seguendo le privazioni a cui si devono sottoporre i celiaci, con pane, pasta, birra, prosciutto cotto e altro ancora.
Stiamo esagerando? Nel mondo del post consumismo, in cui i prodotti sono pensati per essere sostituiti dopo breve, brevissimo tempo, anche le intolleranze e le allergie prendono la forma di status per curare, per distinguersi, per commerciare. Il confine tra sanità e tendenze diventa allora labile e sottile. Non rischiamo, on none della tutela, di perdere il piacere!

Acqua e birra: la parentela sensoriale

ndg  verde copiaCosa hanno in comune acqua e birra artigianale? Per entrambi l’analisi sensoriale non solo è possibile, ma è anche un modo per scoprire caratteristiche e piccole curiosità in modo rigoroso, accattivante e innovativo.
Ne danno prova i Narratori del gusto in questo fine settimana con eventi totalmente dedicati alla birra a Torino e all’acqua in Valtellina, con l’obiettivo di coinvolgere il variegato pubblico in esperienze sensoriali dinamiche e di sicuro effetto e di trasformare i partecipanti in veri e propri ambasciatori di conoscenze.
Tutti invitati quindi sabato 30 e domenica 31 agosto per festeggiare i 18 anni della Birra Artigianale italiana a Baladin Open Fest (www.baladin.it), dove saranno presenti più di 160 birre alla spina provenienti da tutto il territorio e con un ricco programma di eventi di degustazione, possibilità di assaggiare i più prelibati cibi di strada, performance di show cooking, momenti di discussione e intrattenimento insieme alle associazioni più importanti del settore tra cui i Narratori del gusto.
C’è chi raggiunge la maggiore età e chi invece sta nascendo. È stato creato infatti un nuovo percorso interattivo didattico e animativo In Forma d’acqua nei pressi Giardino Botanico del Parco delle Orobie Valtellinesi (www.parcorobievalt.com) in Val Corta di Tartano (SO) dedicato all’acqua in tutte le sue forme e in tutti i suoi possibili utilizzi: nutrimento per le piante, fonte di energia, creatrice di paesaggi, imprescindibile alimento per l’uomo ricco di caratteristiche sensoriali. 10 stazioni tematiche interattive tra cui immancabile è quella dedicata all’analisi sensoriale, realizzata con la consulenza scientifica dei Narratori del gusto e del Centro Studi Assaggiatori. Laboratori del gusto per adulti e bambini e analisi sensoriale con Annalisa Renzi Narratore del gusto all’inaugurazione di sabato 30 agosto.

Il rischio di scegliere il vino che non piacerà

shutterstock_7634536bQuando si tratta di valutare descrittori oggettivi (floreale, fruttato, acidità, corpo ecc.) gli esperti – enologi, assaggiatori o sommelier che dir si voglia – hanno ormai raggiunto livelli eccezionali. Sono infatti in grado di fornire dati che per attendibilità superano persino le misure strumentali, soprattutto quando opportunamente formati come giudici sensoriali. Ne abbiamo la prova con il Best Wine Taster in corso e con le decine di test che svolgiamo mensilmente sui vini per conto di organismi e aziende italiane e non solo.
Un po’ diversa è la situazione circa l’attribuzione del valore edonico, vale a dire quanto quel vino piace. Non che il gruppo non sia d’accordo, anzi! Il problema nasce dalla discrasia esistente tra la valutazione e la scelta che farebbero sia i consumatori, sia gli stessi giudici, nel momento in cui dovessero consumare quel vino a tavola.
L’indice edonico più elevato è normalmente ottenuto da vini di gradazione alcolica elevata, acidità relativamente bassa, astringenza assente, corpo consistente, percezione sferica elevata. C’è quindi una grande attenzione alla prestanza del vino sotto il profilo tattile e gustativo, mentre si valorizzano ancora troppo poco i caratteri olfattivi che, non solo sono i maggiori determinatori dell’eleganza, ma anche dell’ attraenza viscerale. In poche parole, un Barolo e un Brunello, valutati naturalmente alla cieca, perdono nei confronti di un bel Merlot tondo, generoso e grasso. Ma solo nel test, perché quando si mettono le bottiglie in tavola, sempre anonime, ci si accorge che la preferenza viaggia al contrario.
Si palesa quindi la necessità di formare meglio i giudici per giungere a una collimazione tra giudizi dati durante il test e quelli rilevabili nell’ ambito del consumo di prodotto.

E le percezioni extrasensoriali?

shutterstock_2821820In una recente Sensory News, Luigi Odello ha elencato una serie di percezioni sensoriali incredibili e stravaganti, che ha classificato come sensazioni analogiche, comparative o di rimembranza. Si ricordano alcuni di questi sentori percepiti nel vino: di crisalide estiva, di verza, di pepe del Madascar, di vaniglia di Taiti, di volpe, di giacinto, di rosa bulgara, di dura levigatezza, di cavallo sudato al galoppo e tanti altri. Taluni sono scientificamente legati a molecole reali, altri fantasiosi, altri sentori espressi per fare sensazione, come il cordone speronato rilevato da Veronelli in un vino degustato a Cortina.
Sono tutte fantasticherie oppure ci può essere un’ altra spiegazione?
In effetti esiste l’ipotesi delle percezioni extrasensoriali, proprie di certe persone dotate di potenzialità che superano i sensi normali. Presso l’Università della Virginia, fondata da Jefferson, presidente degli USA, dove lo scrivente ha tenuto una conferenza sulla storia della vite, esiste un centro scientifico che fa ricerche sul paranormale, sulle esperienze extra-corporali, sulla reincarnazione, sui ricordi appartenenti ad altre vite sconosciute, sulla extrasensorialità, ecc. Sono fenomeni extramateriali, circondati da molto scetticismo di tipo ateo, ma anche da credenti che si collocano nella spiritualità, nella mistica e nelle visioni o nelle profezie dei santi.
Non possiamo pertanto liquidare certe sensazioni come boutades, in quanto non di può escludere che vi siano dei supernormali anche nell’analisi sensoriale dei vini o di altri alimenti.

Mario Fregoni
Presidente International Academy of Sensory Analysis

Obesità: fa perdere il gusto ma non l’appetito

shutterstock_27828919L’obesità non è un fatto estetico  ma una vera e propria malattia.  Aumenta il rischio di incorrere in altre patologie, quali diabete mellito di tipo 2, ipertensione, ipercolesterolemia e ipertrigliceridemia che hanno conseguenze a cascata brutte più dei loro nomi. E il gusto? Subisce anch’esso i danni di questa condizione?

Diverse ricerche hanno studiato come l’obesità possa influire sul nostro cervello, alterando le nostre sensazioni e la scelta dei cibi, ma nessuno prima d’ora aveva verificato cosa possa succedere proprio sulla lingua. Un gruppo di ricerca dell’Università di New York, Buffalo, situato in uno dei paesi col più alto tasso di obesità al mondo, hanno deciso di far luce sulla questione. Hanno confrontato, in modelli murini, la quantità e la funzionalità delle papille gustative in individui normali e obesi  (a causa di una dieta ricca di grassi), e non sono mancate le sorprese.  I recettori del gusto dei soggetti obesi, infatti, risultavano molto meno responsivi di quelli dei soggetti normali. Meno sensibilità al dolce e all’amaro, e quindi maggiore desiderio di avvicinarsi a cibi dolci (e calorici!) per soddisfare i propri bisogni.

Ecco il paradosso: un obeso non solo dovrà mettersi a dieta, ma risulterà addirittura penalizzato, dovendo aggiungere più zucchero al proprio caffè per ottenere la stessa dolcezza. Una patologia a 360° che rende la vita un po’ meno piacevole.

Le più belle tra quelle udite ai corsi di degustazione

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Nel Barolo il profumo di coscia di donna al mattino? Nel Botticino l’odore di selciato dopo il temporale? Un vino bianco con una nota di crisalide estiva? Un Verduzzo con il sentore di verza? Non sono che alcune della cinquantina di espressioni raccolte recentemente da 17 persone che calcano corsi e serate di degustazione del vino.
La comunicazione delle percezioni olfattive, si sa, è analogica e fa per lo più ricorso alla memoria episodica, ma dobbiamo ammettere che da parte dei relatori che conducono le degustazioni la voglia di stupire si mescola alla passione per il vino originando una letteratura non poco divertente.

Se il profilo olfattivo è a volte comunicato con riferimenti tanto dettagliati da risultare improbabili – vogliamo ricordare il trifoglio lodigiano di secondo taglio, la rosa bulgara cresciuta sulla riva sinistra del Danubio, il pepe del Madagascar e la vaniglia di Tahiti – non mancano relatori che si spingono in campi a loro ignoti evidenziando lacune degne di nota: il rilevamento di acetaldeide insatura, un Prosecco fatto con uve Durello, la volpe che passa nel vigneto durante la pioggia lasciando il sentore di foxi, le rose in cima al filare per dare il floreale al vino.

Con certi relatori non manca neppure la vena poetica, peccato che ci sia solo la vena. Ecco alcuni esempi:

“Avvolgente, succoso, si può dire cremoso.”

“L’acidità giustamente accennata, tutta avvolta in drappi di morbida suadenza di frutto.”

“Una bocca piena di nient’altro che polpa, portata dal massimo sale a una dolcezza, a una placidità aromatica che solo la frutta matura riesce a dare.”

“Vino di rango sorprende per la densa potenza che ne distingue la consistenza, per la suadente e fragrante intensità che unita alla pulizia enologica, consente di sentire un aggressivo, dolce autoritratto.”

“Questo vino splendido di dura levigatezza, di fragranza gusto-aromatica che rivela integrità e vigore tali da dare continua durevolezza alla sua espressione.”

E tra i relatori c’è ovviamente chi si spinge nella correlazione tra percezione e tecnologia di produzione: il sentore di tappo in vini chiusi con silicone o quello barrique anche se affinati in acciaio e vetro.

Insomma, ai corsi e agli incontri di degustazione non si impara solo il vino, ma ci si può pure divertire non poco.  A voi è mai capitato? Scriveteci le vostre, se sono belle saremo ben felici di pubblicarle con il vostro nome.

 

Sensory Club: il n.1 è Soldera

toccafondiDa sempre l’analisi sensoriale lamenta di essere scarsamente usata dal settore alimentare in particolare da quello del vino, ma d’altra parte la nostra disciplina non poche volte si rivela ostica e costosa, quasi chiusa in una torre d’avorio gestita da pochi eletti. Con il progetto 2014 l’International Academy of Sensory Analysis, da sempre aperta ad accogliere tra le sue fila tutti gli interessati e non solo gli addetti ai lavori, ha intrapreso un percorso importante per la diffusione dell’analisi sensoriale istituendo i Sensory Club, piccole comunità costituite da un’azienda – o da qualsiasi altro organismo – volte alla valutazione del percepito.

A poco più di un mese di distanza dal varo del progetto ecco la formazione del primo Sensory Club.  A costituirlo è stato Gianfranco Soldera di Case Basse, il celeberrimo produttore di Brunello di Montalcino che ha fatto della sua azienda uno dei poli importanti della ricerca viticola ed enologica in Italia, lanciando tra l’altro il premio per giovani ricercatori (è disponibile il bando 2014) che vanta il patrocinio del Presidente della Repubblica e, ogni anno, la presentazione dei lavori a Montecitorio.

Il Sensory Club n.1 nasce quindi raccogliendo ricercatori senior e junior dalle più disparate competenze (si va dall’esperta di lantanidi allo studioso degli acari passando per gli ingegneri che studiano il monitoraggio della vigna con droni  e sofisticati sensori) intorno all’analisi sensoriale.

Di fatto la cerimonia di costituzione, avvenuta durante uno dei due giorni, alla quale ha partecipato anche il sottosegretario al Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca Gabriele Toccafondi, non solo ha fatto registrare un notevole interesse di tutto il mondo accademico verso l’analisi sensoriale, ma ha anche dimostrato che la contaminazione di competenze diverse potrà essere di grande utilità per lo svolgimento della disciplina.

 

Il piatto è bello perchè è vario

23.04È capitato a tutte una volta nella vita.
Guardare l’armadio e esclamare: non ho niente da mettermi. Eppure i cassetti sono traboccanti di magliette colorate, e bisogna frugare a piene mani per farsi spazio tra le pile di pantaloni. Lo stesso capita in cucina. Si apre l’anta del frigo e lo si scruta con aria incerta, senza sapere cosa preparare e, mentre le dita iniziano a congelarsi, richiamiamo alla memoria quello che abbiamo mangiato nell’ultimo mese cercando qualcosa di nuovo.

Cosa ci spinge a comportarci così? Non potremmo semplicemente mangiare il nostro piatto preferito in un’infinità di pasti sempre uguali? Perché le patate dovremmo mangiarle bollite, al forno, come purè, fritte, tagliate a dadini, fettine, schiacciate o ripiene, facendo un enorme sforzo intellettuale per trovare combinazioni sempre nuove? La verità è che, con le dovute eccezioni, all’uomo piace la varietà. Esso adora cambiare, testare, ricombinare. Anche se al supermercato comprasse sempre la solita marca di succo di frutta, vorrebbe vedere intorno altre tremila boccette colorate, per poterle assaggiare, sperimentare, affrontare il nuovo con spirito critico e curiosità.

È stato inoltre provato come i primi requisiti nell’acquisto di un alimento siano la sicurezza e i valori nutrizionali (chiamiamoli prerequisiti), seguiti dal sapore e solo dopo dal prezzo. Possiamo scegliere un alimento perché ha una bella confezione, perché ci trasmette qualità o appartenenza, ma lo ricompriamo una seconda volta e lo consigliamo ai nostri amici solo se è buono, se dopo averlo guardato, toccato, annusato, morso ci dà davvero soddisfazione, se quei valori che erano scritti in etichetta si ripercuotono su quel che sale su per il naso, lasciandoci un ricordo piacevole che ci guiderà nelle successive scelte.
Come produttori, se combiniamo questo amore per il buono e la ricerca della varietà troviamo la ricetta perfetta: possiamo inventare ogni giorno qualcosa di nuovo che stimoli la curiosità del consumatore, ma dobbiamo usare l’analisi sensoriale, assaggiare e annusare, per creare qualcosa di magnifico che non faccia boom&flop, ma che crei fiducia costante nella qualità sensoriale dei nostri prodotti.

Come consumatori, basta lasciarsi guidare dai nostri sensi che ci conducono sempre verso alimenti che non appaghino solo la pancia, ma anche il cervello.

Sensory mind: la porta d’ingresso all’analisi sensoriale

shutterstock_12928828Dopo tre anni tra progettazione e collaudo il Centro Studi Assaggiatori lancia Sensory mind, un percorso per sperimentare l’analisi sensoriale accessibile anche alle piccole e medie imprese e ai professionisti della qualità (sommelier e assaggiatori, ma anche tecnologi e cuochi, architetti e designer).

Di analisi sensoriale oggi si parla molto, non di rado a sproposito, utilizzando il termine come sinonimo dei più consumati “degustazione” e “assaggio”, ma il suo utilizzo quale tecnica scientifica di descrizione e misurazione del percepito rimane per lo più circoscritto al mondo della ricerca e alle grandi imprese. I motivi sono due: l’onerosità di funzionamento e di formazione degli strumenti necessari alla sua applicazione (in gergo: i panel) e l’osticità dei metodi usuali.

“Proprio per questo – afferma il presidente del Centro Studi Assaggiatori Luigi Odello – abbiamo lavorato per ottenere metodi in grado di trasferire la conoscenza in modo rapido e quindi poco costoso.  Con Sensory mind le imprese e i professionisti possono approcciare la disciplina con un modulo di sole otto ore per poi proseguire nella direzione che loro stessi considerano più utile. In pratica hanno la possibilità di accedere alla tecnica con poche risorse e di dotarsi di un vestito tagliato su misura.”

Che schifo gli spinaci: quando sensibilità e gusto sono due concetti separati

shutterstock_67879747Mangiare il gelato al cioccolato a cucchiaiate ci rende felici e masticare spinaci bolliti ci intristisce: non possiamo dare più tutta la colpa per i nostri chili di troppo all’educazione ricevuta dai nostri genitori e dalle nostre scuole. Loro ce l’hanno messa tutta per farci mangiare le verdurine, frullandole, camuffandole, componendole a forma di macchinina, ma c’è poco da fare: la tendenza a rigettare i cibi amari o acidi, così come gli odori della putrefazione, è innata e ci ha protetto per secoli da cibi avariati e tossine mortali.  Adesso, tuttavia, questa sensibilità contribuisce al diffuso disgusto dei bambini e molti adulti per i vegetali, causando un abbassamento della qualità nutrizionale della nostra dieta.

Potendo scegliere, siamo geneticamente portati per i cibi dolci, calorici, dai profumi fruttati che ci appaiono, appunto, piacevoli. Queste predisposizioni sono valide per tutti, ma non mancano naturalmente le differenze tra i singoli, sia verso cibi specifici che in generale nella tendenza a essere schizzinosi o neofobici.

Ebbene sì: anche essere sospettosi e esigenti nelle scelte alimentari è scritto nel nostro DNA e rende alcuni curiosi di provare le cavallette al cioccolato, altri restii ad assaggiare una banale pasta al sugo un po’ particolare.
A queste innate difficoltà a adattare i nostri gusti alle raccomandazioni del dietista si aggiunge il fattore culturale. Le nostre preferenze sono infatti caratterizzate da una certa malleabilità: il rifiuto verso un alimento può essere ridotto se non addirittura invertito, permettendoci ad esempio di assaporare con gusto un formaggio che, avvicinandolo a occhi chiusi, ricorderebbe dei piedi sudati, o di provar piacere mentre del cioccolato amarissimo ci si scioglie in bocca.

Per ottenere questo risultato sarebbe necessaria un’esposizione graduale e guidata ai nuovi sapori, creando esperienze sensoriali che ci rendano aperti verso il nuovo fin da piccoli. Rimane la domanda: i nostri genitori  sono educati a educare?