Cosa è quella strana voglia di un nuovo sorso, di un nuovo boccone, di una nuova annusata? Cos’è che ferma l’atto di consumo nel momento del piacere che fugge e genera la voglia irresistibile di ripeterlo?
E’ una delle cose che l’analisi sensoriale non è ancora riuscita a svelare. Anche al test descrittivo più raffinato e dettagliato due vini, due grappe, due liquori, due caffè o due elaborati gastronomici possono risultare molto simili, ma uno istiga la voglia, il desiderio, la trasgressione a ogni regola, anche salutistica, e l’altro no. Qualcosa di meglio si ottiene con i test analogico-affettivi, perché registrano le emozioni e le evocazioni, ma siamo ancora lontani dal determinare con sicurezza come agisce il senso dell’infinito.
Possiamo però azzardare delle ipotesi: l’infinita voglia di piacere nasce quando un prodotto ha caratteristiche che lo rendono atto a interagire con la parte più arcaica del nostro cervello, a penetrare così tanto nel nostro inconscio da renderci beati attraverso stimoli che non passano attraverso la coscienza. Sappiamo che queste doti sono proprie di prodotti profondi, ricchi, articolati, lunghi e cinestesicamente perfetti.
Ricorrendo agli storici generati dai test di analisi sensoriale e all’esperienza personale notiamo che i prodotti in questione sono quasi sempre originati in territori vocati, da culture di alta tradizione e da persone che hanno una sensibilità speciale. Molto si è detto in proposito, ma le vie intraprese per non perdere questo patrimonio non sempre sono state quelle giuste. Il mezzo più ricorrente è la tutela dell’origine, quello più popolare è l’intensa attività dei menestrelli dell’enogastronomia, quello più avvilente è l’appropriazione indebita dei concetti e la successiva generalizzazione.
In questo contesto piani di ricerca interdisciplinare che vedano esperti delle neuroscienze, tecnologi e sensorialisti lavorare insieme, avulsi da ogni condizionamento demagogico e interessato, potrebbe risultare una strada vincente. Oltre a sentire il parere dei nostri lettori sulla condivisione dell’idea, ci piacerebbe che chi ha fatto esperienze con il senso infinito ci comunicasse con quali prodotti l’ha fatto: chissà che la ricerca non possa cominciare così.
La più recente esperienza che ho avuto con quello che in questo articolo viene definito “senso dell’infinito” l’ho avuta un paio di settimane fa a Parigi, in un bel ristorante che consiglio a chiunque ci passi: Le bistro des deux theatres, Rue Blanche 18.
Due piatti in particolare, nessuno dei quali avevo provato in precedenza: Pan-sautéed Duck Foie Gras e Crêpes Flambeed con Grand Marnier. Il foie gras in particolare è stato una rivelazione.
Grazie Marco,
sicuramente è una buona indicazione, ma non facilmente raggiungibile. Ci sono prodotti in cui hai trovato il senso dell’infinito?