Quante volte ci sentiamo attratti da un meraviglioso piatto di lasagne o un bel tiramisù sospinti non dalla fame, ma semplicemente richiamati dal suo profumo o dal suo aspetto, magari dal ricordo dell’ultima serata con amici o di un giorno di festa vissuto nell’infanzia?
Il meccanismo che ci invoglia a cercare ancora il piacere che c’è dato dal cibo certamente ha origini fisiologiche, psicologiche e sociali, dove appare evidente la stretta relazione tra cibo e cervello, tra cibo ed emozioni. Attraverso il cibo entriamo in relazione con la realtà che ci circonda, come primo e primordiale veicolo d’interazione, basti solo pensare al rapporto madre/bambino attraverso il quale si inizia ad assaggiare il mondo.
Madre natura si è servita dei sensi come strumento di sopravvivenza, facendo in modo che sovrintendessero alla scelta del cibo tale che fosse sicuro, nutriente, buono e conviviale con valutazioni che oggi appaiono scontate: gusto/disgusto nel tempo ci hanno guidato in quel complesso equilibrio di sicurezza, nutrizione e piacere. La natura ha sempre fatto in modo che le azioni riguardanti la sopravvivenza fossero legate a una condizione di piacere e benessere per spingere le persone a perseguire o ricercare ancora nuove azioni.
Sempre più oggi, in un mondo di eclettica abbondanza alimentare, parliamo non tanto dei sensi come sentinelle della sicurezza, quanto dei sensi come valore emozionale ed emotivo, sentinelle del piacere e del benessere. Il cibo evoca l’azione sospinta dalle emozioni, orientata alla protezione della vita. Le mappe che ciascuno di noi si crea sono in relazione alle esperienze vissute e i sensi sono gli strumenti che abbiamo per intraprendere questo viaggio.
Ma il comportamento alimentare è un comportamento complesso.
La ricerca del cibo è regolata non solo dall’emozione, in virtù di una esperienza che possiamo definire memoria sensoriale, ma sta alla base della fase pregastrica dove oltre che un vissuto, ritroviamo una componente fisiologica. Tale componente coinvolge numerosi meccanismi che regolano la fame e la nutrizione, come le vie dopaminergiche che intervengono nella scelta del cibo.
Il sistema dopaminergico regola il legame tra cibo e gratificazione perché la dopamina è un neurotrasmettitore associato al piacere e agisce come rinforzo che motiva all’azione, influenzandone la decisione.
A livello cerebrale i cibi salati, i cibi ad elevato contenuto di zuccheri semplici, di grassi, oltre che, la combinazione tra i due hanno un effetto stimolatorio importante, motivo per il quale si preferiscono alcuni cibi e non altri e la dopamina è il neurotrasmettitore associato al desidero.
Il piacere è alla base dei comportamenti motivati. L’azione che ne consegue non implica necessariamente il suo compimento e non sempre ne gratifica le attese.
Lettura utile per il riordino dei miei appunti sensoriali. Grazie e buon 2014