Kai Qin Chan dell’università di Radboud (Olanda) ha dimostrato che ogni cosa si fa più dolce se, mentre la si assaggia, si pensa all’amore.
Il ricercatore ha somministrato a un gruppo di studenti caramelle con un certo livello di dolcezza facendo scrivere delle frasi d’amore e poi delle frasi neutre dal punto di vista emotivo. Ha così messo in evidenza come nel primo caso la valutazione del dolce fosse significativamente più alta. Anche testando semplicemente acqua ha ottenuto lo stesso risultato.
Riflettiamo un attimo: il condizionamento dei giudici in questo caso è stato semplicemente prodotto attraverso l’espediente della scrittura di frasi romantiche, ma che succede a un valutatore davvero innamorato? E a quello vittima di una cocente, quanto recente, delusione d’amore? Da sempre siamo convinti che lo stato d’animo dei giudici giochi un ruolo nelle loro performance ben superiore a quello determinato dalle soglie di percezione, tant’è che da vent’anni abbiamo abbandonato gli estenuanti metodi di selezione dei panelisti basati sull’identificazione dei sapori con dosaggi di analiti crescenti e decrescenti, preferendo di gran lunga avere metodi statistici che ci offrano il monitoraggio dei valutatori ogni volta che operano.
Ma ora, con il conforto del citato ricercatore, pensiamo che quanti sono stati falcidiati dalle terribili prove dei test discriminanti potranno rivendicare la loro riabilitazione a giudici sensoriali dichiarando che all’epoca della prova erano innamorati, anche senza specificare di chi.