
In parte è vero, ma forse si sta esagerando. Il valore intrinseco e di immagine della produzione attuale è del genius loci italiano, dei viticoltori che hanno dissodato colline facendone paesaggi agrari tra i più grandi e belli del mondo, ma anche di chi ha inventato schede di degustazione accolte a livello internazionale, narrato i nostri vini quando questo non pagava neppure con la gloria ma soddisfaceva semplicemente la passione, creato scuole di eruditi e di sapienti in enologia rendendoli disponibili per la produzione e per il marketing.
Se ora tutti i posti buoni li attribuiamo agli stranieri, quale sarà l’incentivo per gli italiani che operano nel settore? Vero è che la crisi economica ha premiato soprattutto gli esportatori, ma noi siamo convinti che per essere forti sui mercati fuori dai confini occorra prima di tutto essere forti in patria. E poi: è inutile parlare di fuga dei cervelli se si fa di tutto per dire che ormai in Italia non c’è più posto per gli intelligenti.