
Il suo collega orientale non fa così: prende un sorso di vino, libera la mente e attende che il vino gli parli. Il risultato è soprendente, non tanto per la quantità di descrittori che riesce a esprimere, quanto per il singolare allineamento semantico che riesce ad avere con il colleghi.
Su questo fatto c’è davvero da riflettere per la progettazione di percorsi formativi alternativi di giudici sensoriali e sommelier, ma anche sul diverso livello di gratificazione che può dare un vino – o qualsiasi altro prodotto ad alto contenuto edonico – se la mente fosse ben preparata nella decodifica del suo carattere.