Ricerche di mercato, tendenze sensoriali, nuovi metodi e analisi di prodotti
 

Avete una sensibilità superiore alla media? Forse non ci siete utili

Parafrasando la programmazione neurolinguistica “c’è almeno un odore o un sapore al quale ognuno di noi è più sensibile di qualsiasi altra persona al mondo”. E quando uno lo scopre si sente meglio, è un primato da porre nella propria descrizione personale, un qualcosa di cui farsi vanto. Dietro questo pensiero comune, umanamente normale e accettabile, in passato – e ancora oggi – ci sono andati stuoli di sensorialisti. Avere un gruppo di superdotati è il sogno di tutti, significa avere uno strumento che possiede una sensibilità straordinaria. Su questo presupposto le norme Iso, dalle quali sono derivati molti test applicati anche da associazioni di assaggiatori, hanno realizzato dei piani sperimentali fantastici. E ora sta arrivando l’analisi del Dna che saprà dirci quale sensibilità abbiamo verso i sapori, e poi forse verso gli odori. Immagino che molti di voi siano pronti a farsi fare un prelievo di sangue e a spendere qualche centinaio di dollari. Se così è fermatevi un attimo, perché forse vi faremo risparmiare.

In analisi sensoriale serve gente comune, i superdotati ci sono utili solo in rarissimi casi.

Quello che intendiamo ricavare con molti test di analisi sensoriale è la fotografia del percepito rendendo oggettivo quello che normalmente è soggettivo. Ora, se vogliamo che la fotografia sia rappresentativa della realtà deve essere realizzata attraverso un gruppo di persone che rappresentino la maggioranza della popolazione, altrimenti non sarebbe affidabile. Avete presenti le fotografie fatte all’infrarosso? Possono essere utili per determinati fini, ma voi la realtà non l’avete mai vista così, perché il vostro senso della vista si limita a percepire le onde comprese nel campo che va da 400 a 760 nanometri.

Sappiamo benissimo che ci sono persone che sentono l’amaro a concentrazioni di decine di volte inferiori ad altre, individui che hanno una soglia olfattiva, verso una determinata molecola, di un migliaio di volte inferiore ad altri. Bene immaginatevi quando si trovano in un gruppo di valutazione: entrambi tenderanno a non collimare con gli altri, a dare valutazioni esasperate a certi descrittori. Diventano, loro malgrado, dei turbatori dell’attendibilità.

Ben diverso è il discorso che riguarda intere culture. Gli europei hanno una percezione del dolce mediamente superiore agli americani e inferiore agli asiatici: di questo occorre tenere conto quando si lanciano prodotti sul mercato, come delle altre variazioni della percezione comune. Ecco perché da sempre sosteniamo che i test, anche quelli di laboratorio, devono essere fatti nel paese di consumo di un prodotto. Questo semplice accorgimento avrebbe potuto evitare grandi insuccessi e potrebbe essere foriero di notevoli successi.