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La frustrazione del tartufo

Non sempre l’imperatore dei sensi è foriero di soddisfazioni e non sempre la mancanza di soddisfazione è dovuta alle puzze. Della frustrazione che deriva dall’olfatto ne sono vittime anche gli assaggiatori di tartufo quando procedono alla certificazione dei preziosi tuber che vengono posti in vendita. Sì, perché in quel caso la prova non può essere distruttiva.

Il tartufo bianco d’Alba, terzo prodotto ad avere ottenuto la certificazione sensoriale in Italia, è infatti l’unico che non viene certificato a campione, ma esemplare per esemplare. Quindi i giudici dell’Organizzazione Internazionale Assaggiatori Tartufo – un organismo davvero singolare anche nell’ambito della categoria, voluto, fondato e  presieduto da Giacomo Oddero – possono solo annusarli e palparli, frenando quello straordinario impulso che vorrebbe la loro introduzione nel cavo orale.

Ma le cose non sono andate così sabato 26 novembre, quando dopo l’imponente capitolo che si è svolto nel pregevole Antico Borgo Monchiero ricavato da un convento del XIII, i tartufi sono arrivati copiosi su un fantastico uovo in camicia affogato nella fonduta. Non che questo abbia cancellato del tutto la frustrazione, perché dopo un simile, semplice quanto fantastico, manicaretto, la voglia di ripetere l’esperienza è quasi compulsiva.

Il merito è ancora dell’olfatto e sulla sua potenza c’è da ragionare: quanta gente potrebbe convincere questo organo di senso a intraprendere un pellegrinaggio sulle Langhe se un evento del genere fosse portato in giro per il mondo? Già nel nome l’Oiat dichiara la propria internazionalità e con un presidente come Giacomo Oddero – che nel capitolo di Monchiero è stato brillantemente coadiuvato dai consiglieri Giovanna Cullino, Roberto Pisani, Franco Comba e Renato Boglione – non possiamo dubitare che succeda a breve.