Sul The Denver Post di qualche giorno fa si legge della proposta di certificarsi come sommelier della cannabis. Il fine è quello di ogni altra iniziativa del genere: imparare a distinguere il prodotto buono. Perché valutare l’erba in funzione del livello di Thc, come si fa, non discrimina il prodotto di qualità, è un po’ come se nel vino si tornasse alla mera valutazione in funzione del grado alcolico. Anche il percorso di studio ricalca quello dei sommelier: tecniche di coltivazione e di lavorazione con tanto di spiegazione dell’incidenza che fattori climatici, pedologici e tecnologici hanno sul prodotto finale, caratteristiche da considerare per la scelta, e prescrizioni per il rito di consumo. Ovviamente ogni passo è integrato da nozioni sensoriali che costituiscono la base portante dell’intero corso. Che non costa poco: ci vogliono quasi tremila dollari per giungere alla certificazione. Potremmo sbagliare, ma se avrà successo possiamo anche pensare che riuscirà a fare lievitare tutti gli omologhi e più antichi percorsi di formazione.