Sensory News

Ricerche di mercato, tendenze sensoriali, nuovi metodi e analisi di prodotti
 

Non siamo il Paese del lusso, ma dell’eleganza: è ancora così per i vini?

Non siamo il Paese del lusso, ma dell’eleganza. E’ quanto affermò un giorno Gualtiero Marchesi, che in quanto a conoscenza dell’uno e dell’altra è fuori da ogni dubbio. La frase mi colpì non poco quando la udii e mi è tornata alla mente facendo la conoscenza sensoriale di alcune serie di vini, tra quelli che sono riuscito a degustare a Vinitaly e quelli che girano nei test di laboratorio al Centro Studi Assaggiatori.

Tra lusso ed eleganza, in quale area si colloca l’Italia? Se vogliamo intendere il lusso come simbolo del potere, soprattutto di spesa, e quindi leghiamo l’elemento al prezzo dei prodotti, non siamo molto presenti, soprattutto se ci confrontiamo con la Francia. Quindi dovremmo includerci automaticamente nell’alveo dell’eleganza. Ma esiste una terza area, quella del “costa poco ma stupisce”, quella della chincaglieria enologica. In questo ambito troviamo vini di quasi tutti i paesi del mondo: buona saturazione del colore, elevata generosità alcolica, corpo prosperoso e aroma intenso. Sono soprattutto l’espressione delle nuove enologie, che detengono in questo segmento un sicuro primato. Però anche qui qualcosa si sta muovendo verso l’eleganza, abbandonando il consolidato modello Merlot – Cabernet barricato da 14 gradi alcol. E anche l’Italia sta rinsavendo: dopo l’ubriacatura dei vini muscolosi tutto frutto – e spezie da botte piccola – ecco tornare la saggezza dei 12 gradi con vini di aroma impeccabile e profondo, più freschi e beverini, caratteristica quanto mai importante in periodi come questi di austerità enologica.

Il successo del nuovo modello che volge decisamente verso l’eleganza sarà molto condizionato dalla capacità degli operatori (sommeliers e assaggiatori in primis) di staccarsi da quello vecchio, affinando le loro capacità sensoriali per cogliere la qualità della materia prima e la maestria enologica che sta dietro questi vini. Alcune esperienze vissute recentemente dimostrano che i citati professionisti del gusto sono ancora piuttosto attratti dai prodotti esuberanti e hanno difficoltà a cogliere la sobria eleganza insita nella nuova corrente.

Da alcuni decenni assaggiatori e sommelier rappresentano una critica autorevole e diffusa capace di influenzare l’utente finale in diverse occasioni e quindi di orientarlo. Se sapranno volgere il loro sguardo all’eleganza non contribuiranno solamente alla crescita della nuova filosofia produttiva, ma anche a una nuova onda di successo per vini come Barolo, Barbaresco e Brunello che non hanno mai vantato intensità di colore, corpo abbondante e percezione sferica estrema, ma che da sempre rappresentano l’eleganza enologica del made in Italy.

Perché viene l’acquolina in bocca

di Maria Cristina Dore

Quante volte ci sentiamo attratti da un meraviglioso piatto di lasagne o un bel tiramisù sospinti non dalla fame, ma semplicemente richiamati dal suo profumo o dal suo aspetto, magari dal ricordo dell’ultima serata con amici o di un giorno di festa vissuto nell’infanzia?

Il meccanismo che ci invoglia a cercare ancora il piacere che c’è dato dal cibo certamente ha origini fisiologiche, psicologiche e sociali, dove appare evidente la stretta relazione tra cibo e cervello, tra cibo ed emozioni. Attraverso il cibo entriamo in relazione con la realtà che ci circonda, come primo e primordiale veicolo d’interazione, basti solo pensare al rapporto madre/bambino attraverso il quale si inizia ad assaggiare il mondo.

Madre natura si è servita dei sensi come strumento di sopravvivenza, facendo in modo che sovrintendessero alla scelta del cibo tale che fosse sicuro, nutriente, buono e conviviale con valutazioni che oggi appaiono scontate: gusto/disgusto nel tempo ci hanno guidato in quel complesso equilibrio di sicurezza, nutrizione e piacere. La natura ha sempre fatto in modo che le azioni riguardanti la sopravvivenza fossero legate a una condizione di piacere e benessere per spingere le persone a perseguire o ricercare ancora nuove azioni.

Sempre più oggi, in un mondo di eclettica abbondanza alimentare, parliamo non tanto dei sensi come sentinelle della sicurezza, quanto dei sensi come valore emozionale ed emotivo, sentinelle del piacere e del benessere. Il cibo evoca l’azione sospinta dalle emozioni, orientata alla protezione della vita. Le mappe che ciascuno di noi si crea sono in relazione alle esperienze vissute e i sensi sono gli strumenti che abbiamo per intraprendere questo viaggio.

Ma il comportamento alimentare è un comportamento complesso.

La ricerca del cibo è regolata non solo dall’emozione, in virtù di una esperienza che possiamo definire memoria sensoriale, ma sta alla base della fase pregastrica dove oltre che un vissuto, ritroviamo una componente fisiologica. Tale componente coinvolge numerosi meccanismi che regolano la fame e la nutrizione, come le vie dopaminergiche che intervengono nella scelta del cibo.

Il sistema dopaminergico regola il legame tra cibo e gratificazione perché la dopamina è un neurotrasmettitore associato al piacere e agisce come rinforzo che motiva all’azione, influenzandone la decisione.

A livello cerebrale i cibi salati, i cibi ad elevato contenuto di zuccheri semplici, di grassi, oltre che, la combinazione tra i due hanno un effetto stimolatorio importante, motivo per il quale si preferiscono alcuni cibi e non altri e la dopamina è il neurotrasmettitore associato al desidero.

Il piacere è alla base dei comportamenti motivati. L’azione che ne consegue non implica necessariamente il suo compimento e non sempre ne gratifica le attese.

La TV al giudizio dell’analisi sensoriale

Per la prima volta l’analisi sensoriale, nella sua accezione più moderna messa a punto dal Centro Studi Assaggiatori, entra nella valutazione dei programmi televisivi attraverso un progetto di Diego Odello e Manuela Violoni che ha goduto della collaborazione statistica di Cristina Dore.

Cosa rende un programma televisivo piacevole per l’audience? È questo l’interrogativo a cui ha cercato di rispondere la ricerca progettata da Diego Odello, blog manager di Cinetivu del circuito Isayblog in collaborazione con Manuela Violoni del Centro Studi Assaggiatori.

L’analisi è stata condotta su coppie di programmi che appartengono a generi televisivi molto differenti tra loro per contenuti: Ballando con le Stelle (Rai1) e Italia’s Got Talent (Canale5); Domenica In L’Arena (Rai1) e Domenica 5 (Canale5); La vita in diretta (Rai1) e Pomeriggio Cinque (Canale5); Servizio Pubblico (CieloTV) e Piazzapulita (LA7).

I giudici, divisi in due categorie – quella dei blogger che si occupano di televisione e quella dei comuni telespettatori – hanno utilizzato una scala da 0 a 9 per valutare diversi parametri inseriti in due differenti schede.

I risultati inerenti alla prima coppia di programmi hanno constatato che il giudizio dei blogger e quello dei telespettatori è collimante e protende per il talent show di Canale 5 Italia’s Got Talent: il livello di piacere raggiunto dal programma è infatti di 7,36 per la prima categoria di giudici, mentre per quella dei telespettatori è di 7,70 nella scala di gradimento, contro gli indici edonici di 5,76 e 5,87 espressi per Ballando con le Stelle. Cioè che influisce negativamente sul programma di Rai1 è il fattore noia (mediana dei voti 7 per Ballando), mentre il parametro del coinvolgimento emotivo è ciò che più piace in IGT (mediana dei voti 6) insieme alla varietà dei contenuti.

Il secondo test si riferisce invece ai programmi in onda la domenica pomeriggio: L’Arena di Giletti e Domenica Cinque con Federica Panicucci. Anche in questo caso il giudizio dei blogger e quello dei telespettatori è stato il medesimo: promuovere L’Arena (6,34 di indice edonico) e bocciare Domenica Cinque (4,93). Il programma della Rai vince per la qualità e la quantità delle informazioni secondo i blogger (6,5 rispetto al 3,5 della mediana di Domenica Cinque) per la credibilità del cast (mediana 6 contro 4), e la professionalità (6 rispetto a 4,50). Per i telespettatori i giudizi sono pressoché simili, Domenica Cinque vince su L’Arena nei parametri dell’allegria e del divertimento (mediana 5 rispetto a 4).

La vita in diretta e Pomeriggio Cinque sono i protagonisti del terzo test. Sia i blogger che i telespettatori comuni sono concordi nel decretare vincitore della sfida il programma di Rai1. La vita in diretta, ha  raggiunto secondo la valutazione dei blogger  6,75 punti su 9 nell’indice di piacevolezza, mentre per i telespettatori ha ottenuto un indice edonico di 6,76 punti. Pomeriggio Cinque invece non raggiunge la sufficienza, con un indice edonico di 5,21 ricavato dai dati dei blogger e un indice edonico di 5,32 dai dati degli analisti. I parametri che più aumentano la piacevolezza secondo gli spettatori sono la bravura dei conduttori, il coinvolgimento, mentre secondo i blogger sono la credibilità dei conduttori, la professionalità, la qualità dei contenuti live, dei contenuti clip. Il programma di Canale Cinque risulta danneggiato nella valutazione dal descrittore fastidio (mediana 5) e nel disgusto (3,5).

Il quarto test infine è stato condotto su Piazzapulita, il programma di Corrado Formigli e Servizio Pubblico condotto da Michele Santoro. Per la prima volta le due categorie di giudici del panel hanno espresso un giudizio differente. I telespettatori hanno avuto più piacere nel seguire la puntata di Piazzapulita (esprimendo un livello di piacere di 7,64 rispetto a 7,06 dell’altro programma), mentre ai blogger è piaciuto di più Servizio Pubblico (indice edonico 7,94 rispetto a 7,14). Ciò che ha particolarmente inciso per la scelta di Piazzapulita sono stati per i telespettatori i seguenti fattori: conduttori (mediana 8), totalità di ospiti/pubblico/opinionisti (mediana 7), rabbia (mediana 7), coinvolgimento (mediana 6), interesse (mediana 7). Per i blogger hanno avuto più peso nella scelta di Servizio Pubblico i descrittori quali: riconoscibilità dello studio (8 rispetto a 7 di Piazzapulita), partenza (mediana 7), riconoscibilità del conduttore (9 mentre l’altro programma ha avuto come mediana 7), riconoscibilità della musica (7 rispetto a 5), qualità della sigla (mediana 7 contro il 5 di Piazzapulita).

Per condurre questa ricerca sono stati selezionati circa 150 giudici, tra blogger e semplici telespettatori, che si sono proposti attraverso una selezione on line. Ai giudici è stato richiesto di guardare per intero quattro coppie di programmi televisivi, per un totale di otto proposte, visti uno in diretta l’altro in differita e di compilare un’apposita scheda valutativa. Ai primi è stata data una scheda di valutazione approfondita e dettagliata, ai secondi invece una scheda più semplice, entrambe con scala di assegnazione del voto da zero a nove. La formulazione della scheda è stato il frutto della collaborazione della sensorialista del Centro Studi Assaggiatori Manuela Violoni con Diego Odello, le elaborazioni dei dati sono di Cristina Dore mentre l’interpretazione degli stessi nonché l’intera organizzazione e gestione della ricerca è stata di Diego Odello, blog manager di Cinetivu del circuito Isayblog.

L’indagine ha puntato a dimostrare che non basta avere un gran numero di spettatori per decretare che un programma piace. La ricerca vuole anche trovare quali siano effettivamente le caratteristiche comuni ai programmi che sono gradite al pubblico in modo da poter avere gli ingredienti giusti per produrre una trasmissione televisiva vincente.

Qualità percepita/qualità attesa: su questo rapporto la chiave del successo

Il mangiare è buono, il vino apprezzabile, il prezzo corretto, anzi, conveniente. Ma la cosa più importante: non ci si aspetterebbe di trovare un locale così in un posto così. I pubblici esercizi in prossimità delle stazioni non godono di buona fama e molte volte questa convinzione radicata nel vissuto del nostro consumatore è giustificata da una serie di esperienze negative. Ed è per questo che  Pianeta Luna, un self service in prossimità della Centrale di Milano (via A. Da Recanate 1), sorprende.

Se la scelta del cibo è ampia, ancor più importante è il ruolo dei banconisti che volentieri e senza essere affettati ti spiegano i piatti e se ti vedono goloso e indeciso affermano con prontezza “Se vuole possiamo farle anche mezza porzione”. Se il vino è corretto nel rapporto qualità/prezzo e la cantina ha un numero di referenze adeguato al tipo di locale, ancora più importante è il cameriere che ti accompagna al tavolo con un calice da degustazione stappando la bottiglia. E che dire del fatto di essere accompagnati al tavolo se si hanno le mani impegnate da un bagaglio, di vedersi sparecchiare con solerzia il posto e poterci rimanere per scaricare la posta (wifi gratis) senza che nessuno ti guardi facendo scorrere negli occhi il messaggio: “Ora che hai mangiato – e visto che hai già pagato – ti toglieresti dai piedi per favore?”

Il successo di Pianeta Luna è percepibile: nelle ore prandiali il flusso è continuo ed è solo la notevole dimensione del locale a evitare l’attesa per trovare il posto a sedere. Ora, se vogliamo fare un minimo di analisi, visti i numerosi esercenti che in questo periodo stanno piangendo miseria, potremmo dire che gli ingredienti della fortuna che arride al locale si possono suddividere in due macro categorie. Nella prima ci possiamo mettere quelli per i quali la qualità ha un costo: per fare cose buone da mangiare occorrono materie prime buone e cuochi capaci, per offrire un buon vino bisogna avere la capacità di sceglierlo e la filosofia di pagarlo. Nella seconda categoria possiamo fare confluire gli ingredienti che non hanno costo: la simpatia e la disponibilità dei banconisti, la gentilezza dei camerieri, il sentirsi trattato come un buongustaio e non come qualcuno in cerca di qualcosa per sopravvivere alle fame.

Se vogliamo esprimere la qualità percepita con un numero, la prima cifra potrebbe essere costituita da un “1” in rappresentanza della qualità del prodotto (se il cibo non fosse buono …), ma gli zeri che vengono dopo sono il frutto del servizio e ovviamente contano molto pur costando nulla. Se la qualità attesa è propria di ogni persona che entra in un locale, la qualità percepita è sotto il dominio di chi eroga il servizio.

Qualità attesa e qualità percepita sono oggi entità misurabili anche per i locali: bar, negozi per parrucchieri, ristoranti, punti vendita della distribuzione moderna, enoteche e via discorrendo. L’analisi sensoriale ha infatti messo a punto dei metodi ormai ampiamente collaudati che non solo permettono di ottenere un valore di questi due parametri, ma danno anche le indicazioni per innalzare la qualità percepita in modo da migliorare il rapporto di questa con la qualità attesa, un rapporto che sempre più viene indicato dagli addetti ai lavori come il “rapporto del successo”.

Su Radio2 va in onda l’analisi sensoriale con Manuela Violoni

Questa sera  su Radio2 durante la diretta della trasmissione radiofonica Decanter a partire dalle ore 20, andrà in onda un’intervista telefonica a Manuela Violoni, sensorialista del Centro Studi Assaggiatori.

Manuela Violoni parlerà della ricerca condotta sul Brunello di Montalcino e darà a tutti appuntamento a Vinitaly (Verona 25-28 marzo) dove il Centro Studi Assaggiatori sarà presente con i due banchi di assaggio Coffee Experience (presso Agrifood) e Grappa & C. Tasting (Galleria, padiglioni 10-11).

A Vinitaly con gli specialisti dell’analisi sensoriale tra spirits e caffè

Due appuntamenti con il mondo degli spirits e quello del caffè: tornano Grappa & C. Tasting e Coffee Experience con decine di prodotti in assaggio per i visitatori di Vinitaly.

A Vinitaly (Verona, 25-28 marzo) gli specialisti dell’analisi sensoriale tornano con due grandi banchi d’assaggio. Anche quest’anno i visitatori potranno infatti godere di Grappa & C. Tasting, banco di assaggio dedicato a distillati e liquori, e di Coffee Experience, dedicato al caffè in ogni sua forma. Entrambi i banchi di assaggio sono organizzati da VeronaFiere in collaborazione con il Centro Studi Assaggiatori, leader in Italia nell’analisi sensoriale.

Grappa & C. Tasting è il banco d’assaggio dedicato agli spirits in ogni loro accezione: grappe, amari, liquori. Il banco d’assaggio, alla edizione numero ventiquattro, è situato nella galleria tra il pad. 10 e il pad. 11, e offre ai visitatori la possibilità di assaggiare decine di prodotti diversi.
E ogni anno fornisce le tendenze sensoriali nel settore degli spirits. Le ultime edizioni hanno confermato come i consumatori cerchino in generale la morbidezza e siano poco attratti da distillati e liquori troppo graffianti. Ma la morbidezza è naturalmente condizione necessaria ma non sufficiente. La tendenza verso la complessità è infatti netta: a questo si deve il successo crescente delle grappe elevate in legno, che quando fatte ad arte presentano aromi floreali, di frutta fresca e secca, di speziato.

Coffee Experience torna invece nella rassegna Agrifood Club, ospitata all’interno di Vinitaly. Si tratta del più grande banco d’assaggio del caffè al mondo: l’anno scorso oltre 30 caffè differenti sono stati a disposizione dei visitatori, raccogliendo ben 8.000 assaggi da un pubblico appassionatissimo. Le miscele preferite sono risultate quelle di medio grado di tostatura, con un aroma evoluto e profondo e un buon corpo. Inoltre Coffee Experience rappresenta una vetrina di rilievo internazionale per le aziende partecipanti: è forte infatti la presenza di buyer e operatori stranieri, presenza strategica in un momento in cui all’estero cresce l’attenzione per l’espresso.

Analisi sensoriale: il 76% di quanti la usano dichiarano la loro soddisfazione

Una ricerca recentemente svolta da Apertamente in Italia ha messo in evidenza che il 76% di quanti usano l’analisi sensoriale ritengono che sia molto utile per l’azienda e il 24% la ritiene semplicemente utile, ma utile.

E’ un dato appagante che fa emergere un quadro roseo per il futuro della nostra disciplina, solo ridimensionato dal fatto che nonostante siano ben l’80% delle aziende intervistate a impiegarla, le idee su cosa sia esattamente l’analisi sensoriale sono decisamente confuse.

Insomma, nelle imprese e in molti organismi (camere di commercio, consorzi, istituti di vario genere) in qualche modo si valutano sensorialmente i prodotti, ma non sempre si può parlare di analisi sensoriale in quanto non c’è coscienza di cosa possa significare progettare un test in modo da poterne controllare statisticamente l’attendibilità, l’affidabilità e l’esaustività. Inoltre l’uso che si fa dell’analisi sensoriale (o di quella pratica che gli utenti chiamano tale, ma che molte volte consiste semplicemente nell’assaggio o nella degustazione) è principalmente rivolto al controllo qualità dei prodotti o alla comparazione con quelli della concorrenza.

Invece la trasformazione dell’analisi sensoriale da costo a investimento con ritorno certo passa per il marketing, a partire dall’accoppiamento alle indagini di mercato (oggi sempre più abbordabili anche dalle piccole aziende) con l’esecuzione di test sui consumatori, per passare alla progettazione dei prodotti e alla comunicazione dei medesimi con nuove metodologie e nuove figure professionali.

A Montecitorio il premio Soldera: vince l’analisi sensoriale

Forse è la prima volta in 150 anni della storia d’Italia che a Montecitorio viene dato un premio all’analisi sensoriale.

A consegnarlo è stato Maurizio Lupi, vicepresidente della Camera dei Deputati, a riceverlo Manuela Violoni, sensorialista del Centro Studi Assaggiatori.

Sicuramente per noi è una grande soddisfazione che non ci sogniamo neppure minimamente di moderare e tantomeno di nascondere, una soddisfazione che ci sarebbe però stata negata se Gianfranco Soldera, viticoltore in Montalcino, strenuo difensore della tradizione vista con gli occhi della scienza e proprietario della celeberrima tenuta Case Basse,  non avesse avuto la fantastica idea di bandire il “Premio internazionale Brunello di Montalcino Case Basse Soldera per giovani ricercatori”.

Se Gianfranco Soldera partendo nel 1972 da una tenuta incolta è riuscito a fare emergere il talento di una terra per dare un vino esclusivo agli enofili sapienti – oggi Case Basse è per gli economisti un caso studio per ricavare modelli vincenti per il futuro – occorre dire che vicino a lui c’è da sempre Mario Fregoni, famoso scopritore di talenti tanto nei terroir quanto negli esponenti del genere umano di entrambi i sessi.

Quindi nel premio Soldera c’è lo zampino del presidente onorario dell’Organizzazione internazionale della vite e del vino che di analisi sensoriale è tutt’altro che digiuno: fu lui a inventare il Master universitario relativo tenuto all’Università Cattolica per ben cinque edizioni e a volere l’International Academy of Sensory Analysis che oggi riunisce sensorialisti dei cinque continenti.

Soldera e Fregoni sono quindi scopritori di talenti, anche tra i giovani ricercatori (risulta doveroso citare gli altri candidati: Marco Biagi, Lorenzo Brilli, Matteo Gatti, Antonio Manes, Eleonora Mari e Giulio Ravasi). A scoprire il talento dei Brunello di Montalcino ci ha invece pensato Manuela Violoni che lavorando con giudici qualificati e due metodi innovativi come il Big sensory test avanzato e analogico affettivo su numerosi campioni ha sostanzialmente messo in evidenza due grandi stili di Brunello e tre stadi evolutivi.

Al di la dei dettagli tecnici il premio Soldera e la medaglia concessa dal Presidente della Repubblica rappresentano una grande vittoria per l’analisi sensoriale che per la prima volta giunge come disciplina nei palazzi del potere applicata alla ricerca e, soprattutto, alla ricerca viticola enologica. Neanche a farlo apposta l’edizione 2011 del premio Soldera è stata dedicata alla memoria del grande collega enologo Giulio Gambelli, uno degli assaggiatori più famosi che il vino abbia conosciuto. Come dire: nessuno ha tradito la nostra grande scuola di degustatori di vino, l’analisi sensoriale è semplicemente la sua espressione scientifica, i giovani il suo futuro.

Vini e grappe: la paura dentro, ma la responsabilità resta fuori

Avete presente quando il successo è bravura e l’insuccesso pura sfortuna? Se oggi provate a parlare con i commerciali di vini e grappe questa rappresentazione ha una frequenza di apparizione altissima. Se le vendite sono basse il motivo primario è la lotta all’alcol, la gente che non ha più soldi da spendere per beni voluttuari, lo stile di vita che esclude il vino dal pasto di mezzogiorno. E ora arrivano sempre di più gli stranieri nelle carte dei ristoranti.

Tutte cose vere, ma hanno davvero un peso così rilevante o servono per mettersi a posto la coscienza per quanto riguarda gli obiettivi non raggiunti? Davvero non si può fare nulla? Davvero stiamo scivolando verso un’altra ineluttabile discesa dei consumi?

La nostra mentalità è viziata da una cultura atavica che ci spinge a portare all’esterno la responsabilità dei nostri insuccessi. Non siamo molto diversi dagli antenati che davano la colpa agli Dei per ogni cosa. Ben diverso è lo schema mentale degli orientali che portano ogni elemento al proprio interno e anziché dire “questo non si può fare” dicono “io non lo so fare”. Ottima posizione intellettuale per riuscire anche nelle cose che si ritengono impossibili.

La prima cosa che potrebbe fare il mondo del vino e delle grappe è di cambiare il modo di ragionare e quindi di operare dei venditori. Ma l’avete mai visto il venditore medio approcciare un cliente? E’ quanto di più stereotipato ci possa essere, tutto incentrato sul suo prodotto, sulla storia dell’azienda, sui passi compiuti per “fare qualità”. Ma credete che interessino molto al suo cliente queste argomentazioni che, oltretutto, sono ripetute da tutti e le sente decine di volte la settimana?

Per prima cosa occorre cambiare la comunicazione interpersonale, passando da se stessi e dal proprio prodotto ai bisogni umani e aziendali del proprio cliente. Occorre diventare un narratore del gusto capace di trasferire metodi che consentano al ristoratore, al barista e all’enotecario di fare divertire i propri clienti abbandonando gli stereotipati discorsi sulla cultura: il vino e le grappe possono diventare gioco, fiaba, porte verso nuovi mondi.   Ecco a cosa servono i nuovi metodi di analisi sensoriale, quelli che hanno abbandonato i laboratori per finire nelle serate di degustazione, sui tavoli dei ristoranti e dei bar.

E’ inutile pensare di estrarre ogni giorno dal cilindro un coniglio nuovo, è più produttivo pensare che possiamo fare cose nuove con i conigli che abbiamo.

La grammatica dei sapori

Non sappiamo ancora se esiste, ma intanto è stata pubblicata. Con questo titolo è infatti uscito il libro di Niki Segnit edito in Italia da Gribaudo. La tendenza italiana a fare tradurre e licenziare alle stampe libri stranieri è cosa nota e di per sé potrebbe essere apprezzabile se l’editore ricorresse a esperti nella scelta e nella traduzione. Così non pare sia avvenuto per la citata opera.

A cominciare dal titolo che nell’edizione originale è “The Flavour Thesaurus”. Tradurre “flavour” con sapori è quanto meno dubbio, in quanto il “flavour” è il complesso delle percezioni che si hanno nel cavo orale che afferiscono ai canali di comunicazione del gusto, del sistema somestesico e dell’olfatto. A noi sensorialisti questa parola inglese ha sempre dato problemi perché per preparare un buon assaggiatore abbiamo la necessità di fargli individuare, con la maggior precisione possibile, l’organo di senso portatore di una percezione. La confusione rallenta infatti enormemente l’apprendimento.

A parte questo, quando poi si apre il libro, si scopre una fantastica ruota in cui compaiono solo aromi, tranne uno denominato “sale e salamoia” poi esplicitato in pesce affumicato, bacon e prosciutto crudo. Se da una parte non abbiamo mai sentito nel sale puro (cloruro di sodio) l’odore del pesce, dall’altra non siamo mai riusciti a percepire il salato annusando il prosciutto.

Se l’editore ha la responsabilità di una cattiva traduzione (rilevabile anche in altre parti) perché sarebbe stato corretto tradurre “flavour” con “aroma”, l’autrice, esperta di marketing, in quanto a confusione non è da meno. Qualche notizia sul perché si apprende leggendo i ringraziamenti nei quali esprime una sentita gratitudine per l’aiuto che le hanno dato i tassisti, nobile categoria di lavoratori che però non ci risulta molto preparata in analisi sensoriale. Se riteniamo non imputabile a lei quando leggiamo “… Il sapore è percepito soprattutto tramite l’olfatto” perché ci pare un’altra sciocchezza del traduttore, non possiamo rimanere indifferenti quando apprendiamo che il basilico ha una spiccata nota di chiodi di garofano e che questi le ricordano un chiodo arrugginito quando lo mette in bocca.

Che l’analisi sensoriale sia una materia difficile ne siamo convinti e ne abbiamo la riprova tutti i giorni, che ci sia la necessità di educare la gente alla percezione per farla vivere meglio è innegabile, ma proprio per questo abbiamo bisogno di una divulgazione seria e scientificamente inappuntabile. Che non troviamo in questo libro.